lunedì 9 dicembre 2013

L'ABC DELLE PROTESTE IN UCRAINA

Qui di seguito riporto il “piccolo vocabolario” scritto da Matteo Tacconi per il quotidiano Europa che lo ha pubblicato lo scorso 4 dicembre. E' un testo sintetico e chiaro che aiuta a capire cosa sta succedendo a Kiev e nelle altre città ucraine, quali sono i principali attori del braccio di ferro di queste settimaner e quali sono le poste in gioco in una partita che si svolge su più tavoli e in cui non tutti i giocatori giocano pulito.





Piccolo vocabolario delle proteste in Ucraina
Dalla A di "accordi di associazione" alla Y di Yanukovich: tutto quello che c'è da sapere sulle manifestazioni a Kiev e nelle altre città ucraine

Oggi [4 dicembre, n.d.r.] è il quattordicesimo giorno consecutivo di proteste a Kiev. La gente non si schioda dalla piazza, non smantella l’assedio ai palazzi del potere. Il governo, da parte sua, non molla. Ieri, in parlamento, respinta una mozione sulla sfiducia. Il braccio di ferro continua. In attesa di capire come andrà a finire, questo è un compendio sui principali nodi, come sui protagonisti, della crisi ucraina.

A come accordi di associazione. Costituivano, assieme a un’intesa sul libero scambio, il pacchetto di incentivi economici e commerciali offerti dall’Ue. L’obiettivo? Rafforzare la cooperazione con Kiev, rilanciare l’azione comunitaria a Est e contenere – scopo implicito – l’influenza russa. Le autorità ucraine, bocciando le intese alla vigilia del recente vertice di Vilnius tra Bruxelles e le repubbliche ex sovietiche, hanno scatenato la reazione popolare.

D come Donetsk. In questi giorni si è protestato anche in molte altre città del paese. A Leopoli, nell’occidente. Ma anche a Donetsk e Kharkhiv, nell’est russofono e legato economicamente e culturalmente a Mosca, il tradizionale serbatoio di voti del presidente Viktor Yanukovich e del suo Partito delle Regioni. Il che indica quanto sia diffusa la sfiducia verso l’operato del capo dello stato e dell’esecutivo.

E come elezioni. Il voto anticipato non va escluso, ma non è la naturale e inevitabile conclusione della vertenza in corso. In ogni caso, dietro l’angolo ci sono le presidenziali del 2015. I capi dell’opposizione stanno cercando, lì sulla piazza, di misurare il loro potenziale elettorale e le rispettive chance di sfidare Yanukovich tra poco più di un anno.

F come Fondo monetario internazionale. Quando nel 2008 è scoppiata la crisi globale l’Ucraina è caduta rovinosamente. È stata uno dei primi paesi soccorsi dal Fmi (con il contributo dell’Unione europea). La “seconda crisi”, legata ai debiti sovrani, ha spinto Kiev nuovamente al tappeto, portandola a riaprire i negoziati con il Fondo. Che, in cambio di un prestito da 15 miliardi di dollari, ha chiesto riforme incalzanti e l’aumento del costo del gas. Kiev ha opposto resistenza e le trattative sono saltate, lasciando scoperto il “buco”. È così che Yanukovich ha chiesto all’Ue di legare agli Accordi di associazione e sul libero scambio l’erogazione di un prestito notevole. Poi, saltato anche questo tavolo, ha bussato alla porta della Russia. Adesso sta rilanciando nuovamente con l’Ue. Insomma, le sue mosse non riguardano solo il collocamento internazionale del paese, ma sono anche – forse persino soprattutto – una questione di soldi.

G come giovani e I come Internet. Sulle strade di Kiev, oltre ai membri e agli elettori dei partiti dell’opposizione, si stanno facendo notare i giovani. Odiano Yanukovich, ma diffidano dei partiti dell’opposizione. E – questo per completare il loro profilo – hanno una certa dimestichezza con la rete. Le loro idee se le fanno sul web, più che alla tv. Sono una generazione connessa. In queste due settimane hanno sapientemente usato i social network, facendone strumenti politici. Ma, nonostante questo, post e cinguettii sono solo uno dei dettagli di una battaglia che è decisamente “hardware”.

H come hryvnia. La moneta ucraina. Già molto debole, da quando è scoppiata la protesta ha perso ancora più valore (si scommette addirittura sulla crisi monetaria), a conferma che squilibri economici e turbolenze politiche viaggiano di pari passo.

K come Klitschko. Vitali Klitschko, pugile e politico. Sul ring ha fatto la storia. In politica sta avendo risultati più che discreti. Il partito da lui fondato, Udar, forza centrista che sostiene l’ancoraggio del paese all’Ue, è andato in doppia cifra alle elezioni del 2012. Klitschko è uno dei protagonisti della protesta. Incita, ci mette la faccia, piace ai media. Le sue quotazioni sono ulteriormente in rialzo e c’è chi dice che potrebbe essere il più serio sfidante di Yanukovich nel 2015, dato che, in un paese elettoralmente spaccato (l’est sta con Yanukovich, l’ovest contro), è riuscito nel 2012 a riscuotere buoni consensi anche nelle regioni dell’est.

M come Maidan. Maidan significa piazza. E la Nezalezhnosti Maidan, la piazza dell’Indipendenza, la grande spianata nel centro di Kiev, è il campo base della protesta. Fu così anche al tempo della Rivoluzione arancione. Mentre #euromaidan è diventata sul web la parola chiave delle manifestazioni. Quasi un logo.

O come oligarchi. Controllano le più grandi industrie nazionali, hanno patrimoni immensi, condizionano le scelte dei politici. Molto spesso loro stessi, sono dei politici. C’è da credere che stiano studiando la situazione, in attesa di prendere una posizione chiara. O di non prenderla.

P come Putin. Si sa: non vuole che l’Ucraina prenda la via dell’Europa. Kiev, vista da Mosca, è un tassello strategico per formare quell’Unione eurasiatica che nelle intenzioni di Putin dovrebbe (ri)cementare lo spazio post-sovietico. Il Cremlino, per evitare che Kiev firmasse gli accordi con l’Ue, ha usato bastone e carota. In agosto, come avvertimento, ha posto l’embargo sui prodotti dolciari ucraini. Al tempo stesso ha aperto alle richieste di sconto sulle tariffe del gas (troppo alte secondo Kiev) avanzate da Yanukovich. E, notizia di ieri, Gazprom ha concesso all’Ucraina, a corto di soldi, di pagare in primavera il conto delle bollette di quest’ultimo trimestre.

R come Rivoluzione arancione. Stessa piazza, la Nezalezhnosti Maidan. Stesso nemico: Yanukovich. Ma le analogie tra i moti di piazza che portarono al potere Viktor Yushchenko e Yulia Tymoshenko si fermano qui. Stavolta, l’opposizione non ha un vero leader, uno capace di trascinare tutti e di unire (Klitschko non lo è, non ancora). E poi, rispetto alla resistenza pacifica del 2004-2005, a questo giro ci si è anche picchiati.

S come Svoboda. È un partito fortemente nazionalista, tacciato di antisemitismo, radicato nell’ovest dekl paese. Alle elezioni del 2012 è andato in doppia cifra, entrando per la prima volta in Parlamento. I suoi militanti, sulla piazza di Kiev, sono stati in prima linea. Non è da escludere che in prospettiva questa formazione possa incrementare ulteriormente il suo consenso. Il che non fa il gioco né del blocco fedele alla Tymoshenko, né di Klitschko.

T come Tymoshenko. L’Ue aveva vincolato la firma delle intese alla sua liberazione. Yanukovich non ne ha voluto sapere. Yulia ha chiesto di andare avanti comunque, escludendo il suo caso dai negoziati. Ma Yanukovich ha ridetto no. Ora, una parte dell’opposizione insiste nel domandare la sua liberazione. Yanukovich ribadisce che non se ne parla.

U come Unione europea e come Usa. La grande sconfitta, per ora. Però Yanukovich sa che la modernizzazione del paese passa dal potenziamento dei rapporti con l’Ue, più che dai rapporti con la Russia. La partita non è finita e Bruxelles può ancora calare qualche carta. Quanto agli Stati Uniti: praticamente non pervenuti, al momento.

Y come Yanukovich. Nome di battesimo Viktor. È il presidente ucraino, eletto nel 2010. Molti semplificano, dicendo che è filorusso. In realtà, pur prediligendo il rapporto con Mosca, sa che serve un contrappeso – l’Europa – per evitare che i russi si divorino l’Ucraina.

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