Dalla dura repressione di "Occupy Gezi" alle intercettazioni illegali di giornalisti da parte dei servi segreti
Da www.thetimes.co.uk |
Almeno 3,6 milioni di persone hanno
partecipato alle grandi proteste anti-governative di giugno e luglio
in Turchia, partite dalla difesa del Gezi Park di Istanbul e presto
indirizzata contro la deriva islamica ed autoritaria del premier
Recep Tayyip Erdogan,. Lo riporta un rapporto dei servizi di
sicurezza e intelligence pubblicato lunedì scorso dal quotidiano
Milliyet. Il documento precisa che fra maggio e luglio si sono svolte
5500 manifestazioni in tutto il paese: solo la provincia di Bayburt,
sul Mar Nero, è rimasta estranea alle proteste. Il rapporto della
polizia stima inoltre che durante gli scontri sarebbero stati
provocati danni per 139 milioni di lire turche (51 milioni di euro).
Lo studio traccia anche un “profilo demografico” dei manifestanti
sulla base dei dati personali degli arrestati che conferma come il
movimento “Occupy Gezi” sia stato animato dai giovani, per la
maggior parte laureati e con un reddito basso (meno di 1000 lire
turche pari a 370 euro circa): oltre l'80% dei partecipanti aveva
meno di 30 anni e oltre la metà fra i 18 e i 25. Dei 5500 arrestati
(190 dei quali sono ancora in carcere), metà erano donne e più di
tre quarti erano appartenenti alla comunità alevita, una minoranza
culturale e religiosa che conta circa 10 milioni di aderenti che
praticano un Islam piuttosto eterodosso e liberale e da sempre
subiscono pesanti discriminazioni e che sono stati in prima linea
nelle proteste. Questi dati hanno provocato la reazione del Partito
repubblicano del popolo (principale formazione dell'opposizione ed
erede diretto della tradizione kemalista): “Il governo ha creato
per caso una ufficio per la schedatura? Come è possibile dire con
certezza che il 78% sono aleviti?”, ha chiesto polemicamente il
vicesegretario Sezgin Tanrikulu.
Dopo le caldissime giornate di giugno e
luglio le manifestazioni sono finite, a parte una brevissima fiammata
a settembre, ma gli arresti e i processi contro chi è sceso in
piazza continuano. I provvedimenti giudiziari riguardano anche membri
delle forze dell'ordine per omicidio. Le proteste della scorsa
estate, infatti, sono costate la vita a cinque manifestanti sono
morti, mentre ci sono stati 4320 feriti, alcuni dei quali in modo
molto grave, mentre altri hanno riportato danni permanenti. Stando
all'ordine dei medici, inoltre, i manifestanti feriti sono stati
oltre 8mila. La dura repressione decisa dal governo del premier Recep
Tayyip Erdogan ha suscitato una pioggia di critiche da tutto il
mondo. Ultima in ordine di tempo la condanna giunta in settimana dal
Consiglio d'Europa: quanto avvenuto a maggio e giugno scorsi
evidenzia ancora una volta il duraturo e sistematico problema
dell'insufficiente rispetto dei diritti umani da parte della polizia
turca, ha dettoil commissario per i diritti umani del Consiglio
d'Europa, Nils Muiznieks, nel rapporto pubblicato martedì 26 e
basato sulla visita condotta all'inizio di luglio. Il commissario
chiede quindi una revisione delle leggi che regolano il diritto a
manifestare, giudicate troppo restrittive.
Nei giorni scorsi è arrivata anche la
notizia, riportata dall'edizione online del quotidiano di Ankara
Zaman, che il Consiglio Supremo dei Giudici e dei Procuratori ha
deciso di avviare una inchiesta dopo che i telefoni di diversi
giornalisti sono stati intercettati dai servizi segreti del Mit, che
avevano chiesto l'autorizzazione della magistratura usando falsi
nomi. Secondo il giornale, diversi giornalisti dell'autorevole
quotidiano indipendente Taraf, critico nei confronti del governo del
premier Erdogan, fra cui il direttore Ahmet Altan, il vicedirettore
Yasmin Congar e alcuni editorialisti, sarebbero stati spiati fra il
2008 e il 2009 dal Mit. Stando Cumhuriyet, altra testata di
opposizione, le intercettazioni sarebbero state approvate da Erdogan,
cui é considerato vicino il direttore dei servizi segreti Hakan
Fidan. Le intercettazioni sarebbero state autorizzate regolarmente da
un magistrato, ma secondo il quotidiano Radikal la documentazione
presentata dal Mit alla magistratura non indicava i nomi dei
giornalisti, ma false generalità di presunti cittadini arabi. I
numeri di telefono da sorvegliare erano invece quelli dei cronisti di
Taraf. Il presidente della Prima camera del Consiglio Supremo dei
Giudici e dei Procuratori, Ibrahim Okur, citato da Radikal, ha
confermato l'avvio di una inchiesta precisando che “perfino il Mit
non può nascondere informazioni alla giustizia. Non può cancellare
i nomi veri delle persone e inviare alla corte nomi falsi”.
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