Domenica 1° dicembre si vota Croazia
il referendum che propone di inserire nella Costituzione la
definizione del matrimonio come unicamente “un'unione tra un uomo e
una donna”. Secondo i sondaggi di questi ultimi giorni oltre i due
terzi dei cittadini croati domenica voterà a favore della proposta,
meno del 30% si dichiara contrario, mentre la percentuale degli
indecisi appare assai esigua. La consultazione popolare, la prima mai
organizzata in Croazia, è stata promossa da un gruppo di
associazioni vicine alla Chiesa cattolica che nel maggio scorso hanno
raccolto 750 mila firme (pari a quasi il 20% dell'elettorato) per
''evitare che un giorno in Croazia vengano legalizzati i matrimoni
omosessuali”, specie dopo quanto accaduto in Francia recentemente.
Per il “sì”, oltre alla Chiesa cattolica, sono schierati anche i
vertici della minoranza ortodossa e di quella musulmana insieme ai
partiti di centro-destra. Il governo, i partiti di centro-sinistra e
una fetta significativa della stampa e del mondo accademico sono
invece schierati per il “no”.
Qui di seguito la trascrizione
della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio aSud Est andata in onda oggi 21 novembre a Radio Radicale.
In vista del referendum sul matrimonio
in Croazia, non cessano analisi, polemiche e commenti su questo tema
e si fa sempre piu’ intensa la campagna referendaria. E’ anche
una battaglia tra governativi che invitano apertamente a votare ‘no’
al referendum e dall’altra parte l’opposizione conservatoria e le
organizzazioni non governative che hanno promosso l’iniziativa,
tutti loro con un forte appoggio da parte della Chiesta cattolica i
quali invitano i cittadini a votare ‘si’ al referendum di
domenica. Come vi abbiamo gia’ informato, domenica, primo
dicembre, i cittadini croati si recheranno al referendum per
rispondere alla domanda se si e’ favorevoli all’inserimento nella
Costituzione di un articolo che definische il matrimonio
esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna.
Sul tema si e’ espresso anche il capo
dello stato Ivo Josipović. Recentemente, in una intervista al
quotidiano croato ‘Večernji list’ Josipović ha parlato di
questo tema che inevitabilmente sta al centro dell’attenzione
pubblica ma soprattutto mediatica. Non volendo generalizzare le
ragioni che hanno spinto la societa’ croata al referendum, il
presidente Josipović ritiene che indubbiamente c’e’ gente che ha
aderito a questa iniziativa per motivi di convinzione. Dall’altra
parte, anche in questo caso ci sono quelli che vogliono utilizzare il
referendum per la loro politica, una cosa non illegittima ma di cui
bisogna esserne consapevoli. Quando si tratta del meritum, precisa
Josipović, il piu’ importante e’ che la definizione del
matrimonio in quanto unione tra uomo e donna non viene contestata da
nessuno. Non si tratta quindi di qualcuno che vuole distruggere la
famiglia o il matrimonio, rileva il Presidente, ma il problema e’
che si manda un messaggio che molti e lui stesso vedono come
discriminatorio.
Josipović si e’ detto fiducioso che
presto si avra’ una legge liberale sulle unioni omosessuali. I
paesi di tradizione democratica, quasi senza eccezione, non hanno una
definizione del matrimonio nella loro Costituzione, spiega Josipović
e aggiunge che in caso contrario si manda inutilmente un messaggio
discriminatorio. Il presidente croato fa riferimento anche alla
prassi della Corte europea per i diritti umani secondo la quale un
matrimonio omossessuale non e’ un diritto convenzionale ma
sottolinea che esso esiste in quanto possibilita’ e che molti paesi
l’hanno accettata. Dalle spegazioni delle decisioni di questa corte
si puo’ intraverdere anche l’evoluzione del pensiero umano sulle
unioni omossessuali. Che la scelta dell’unione rimanga una
questione di decisione personale, di una scelta che non avra’ come
risultato la discriminazione, questa e’ la posizione del presidente
Josipović. L’importante e’ garantire l’uguaglianza della gente
e il diritto delle persone quale che sia la forma dell’unione in
cui hanno scelto di vivere, che non siano per questo dicriminati e
che possano regolare legalmente la loro relazione. Si chiami
matrimonio o diversamente, di questo si puo’ancora discutere, dice
il presidente croato.
Infine, sull’inevitabile posizione della
Chiesa cattolica in Croazia, Josipović concorda che la Chiesa segue
la sua dottrina ma resta questione aperta fino a che punto essa deve
avere un ruolo attivo nel campo della politica e fino a che misura
essa abbia il diritto di condannare e perfino attaccare quelli che
non condividono il suo punto di vista. Secondo il presidente
Josipović, soprattutto a causa dell’influenza e del potere che la
Chiesa cattolica ha in Croazia, bisogna vedere se per la societa’ e
per la democrazia e infine per la stessa Chiesa, vada bene che essa
entri nelle questioni della politica quotidiana e che si assuma un
ruolo di attivista. Questo vale soprattutto quando si tratta di un
chiaro impegno politico dalla parte di una sola opzione. Cio’ vuol
dire allora che la Chiesa entra nell’arena politica e viene
sottoposta a tutte le regole del gioco politico. Attacca e viene
attaccata, accusa ma viene anche accusata. Se questo vada bene per la
sua missione, la Chiesa lo deve valutare da sola, conclude il
presidente Josipović.
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