Venerdi’ scorso il Parlamento croato,
con 104 voti a favore e 13 contrari, ha dato luce verde all’indizione
del referendum promosso nei mesi scorsi dalle associazioni cattoliche
a capo delle quali vi e’ il gruppo “In nome della famiglia”.
Sara’ questo il primo referendum indetto su richiesta dei
cittadini. I socialdemocratici del premier Zoran Milanović hanno
dovuto quindi rispettare la volonta’ di oltre 700 mila firmatari
della richiesta di una consultazione popolare che, secondo i critici
e la comunita’ Lgbt, rappresenta un attacco politico contro il
governo e contro il rispetto dei diritti umani e delle minoranze.
Dalla maggioranza assicurano pero’ che, anche in caso di vittoria
del “sì” non sara’ messo a repentaglio l’impegno del governo
per il futuro riconoscimento delle unioni civili tra persone tra gay
o lesbiche e la concessione di quasi tutti i diritti di cui godono le
coppie eterosessuali, tranne la possibilita’ di adozione. Non
saranno nemmeno minacciate le “coabitazioni non registrate” tra
persone dello stesso sesso se vivono insieme da piu’ di tre anni,
un diritto questo riconosciuto gia’ da un decennio.
Il tema ha scatenato una vera bufera di
polemiche, che si sono riversate poi anche nel Parlamento di Aagabria
prima del voto. Anche la maggioranza di centrosinistra e lo stesso
premier Zoran Milanović, che hanno dovuto rispettare la volonta’
di oltre il 10% dei cittadini del Paese, ritengono che il referendum
sarebbe discriminatorio nei confronti delle minoranze sessuali e
delle coppie di fatto. Secondo il presidente Ivo Josipović si tratta
di una questione molto delicata, ma il capo delo Stato e’
dell’opinione che il provvedimento sulla definizione del matrimonio
in quanto unione tra uomo e donna non dovrebbe far parte della
Costituzione. Il comportamento verso le minoranze di ogni tipo e’una
forma di legittimazione democratica della sociata’, ha detto
Josipović affermando che al referendum votera’ contro la proposta
in questione. Voterà “no” anche il premier Milanović. E anche
se è stato costretto a rispettare la volonta’ espressa dai
cittadini che hanno chiesto la consultazione, Milanović ritiene
l’iniziativa promossa dal gruppo “In nome della famiglia” come
un brutto episodio a causa dell’inesistenza di una cornice
normativa che disciplina le modifiche costituzionali, per cui ogni
questione legata alla modifica della Carta puo’ trasformarsi in un
quesito referendario.
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