In Turchia era prevista la prima riunione della commissione che deve elaborare la nuova Costituzione, che dovrebbe uniformarsi alle richieste dell'Unione Europea ed estendere le garanzie democratiche anche per le minoranze, prefigurando la possibilità di avviare finalmente verso una conclusione civile la “questione curda”. Invece è tornata la confusione e la paura del terrorismo separatista. I guerriglieri del Pkk sono infatti tornati a colpire, provocando una trentina di morti: militari, soprattutto, ma anche alcuni civili. Un attacco di dimensioni tali che non si vedevano da molti anni e con un bilancio così pesante fa farne il quarto in assoluto nella triste classifica degli atti terroristici più sanguinosi. La reazione del governo non si è fatta attendere: l'aviazione turca ha compiuto bombardamenti in territorio nord iracheno, mentre un contingente di truppe scelte (da 600 a 1000 uomini, secondo la stampa) ha passato il confine via terra provocando molti morti fra i guerriglieri.
Il premier Recep Tayyip Erdogan ha giurato di non abbassare la guardia: “Voglio che tutti lo capiscano bene, amici e nemici della Turchia: la Turchia non cederà mai a nessun attacco, non farà mai un passo indietro e non sacrificherà mai neppure la minima parte del suo territorio”. Erdogan ha parlato di “forze oscure” di cui il Pkk è strumento, e ha invitato i turchi a non cedere alle provocazioni: “Se qualcuno non riesce a controllare la rabbia davanti a questo doloroso incidente, i terroristi raggiungeranno il loro obiettivo, ma noi manterremo la calma. Sappiamo che la lotta al terrorismo è lunga, sappiamo che l'antidoto al terrore sono i diritti umani e la democrazia”, ha concluso il premier che ha anche fatto appello all'opposizione perché collabori in questo momento. La minoranza però non ha raccolto l'invito. Kemal Kilicdaroglu, capo del Chp, il Partito repubblicano del popolo, principale formazione dell'opposizione, ha parlato di “incapacità del governo di fronteggiare la situazione” chiedendone le dimissioni. Il segretario del Bdp, il partito curdo, Nurettin Demirtas, ha dichiarato: “Questo fuoco colpisce tutti noi, è ora di dire basta ai morti, ma la guerra contro il Pkk deve finire”.
L'orientamento del governo sembra però essere opposto. Il presidente Abdullah Gul ha parlato apertamente di “vendetta” dicendo che la Turchia “ricorrerà a ogni mezzo per fermare questa situazione”, mentre il premier ha annunciato che le operazioni oltre confine andranno avanti “fino a quando sarà necessario”. Così facendo, però, la Turchia si espone al rischio di essere colpita ancora “più forte”, almeno stando a quanto dichiarato da Ahmed Denis, portavoce del Pkk. Il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani, ha telefonato a Erdogan per esprimergli la sua solidarietà e per affermare che gli attacchi dei separatisti curdi del Pkk mirano a mettere in crisi le relazioni fraterne tra curdi e turchi.
Gli Stati Uniti, per bocca del presidente Obama, hanno condannato con forza “l'oltraggioso attentato terrorista”. Il presidente ha offerto, “a nome del popolo americano”, le sue condoglianze alle famiglie delle vittime e a tutto il popolo turco, garantendo che gli Usa “continueranno la forte cooperazione [...] per sconfiggere la minaccia terrorista del Pkk e per portare pace, stabilità e prosperità a tutto il popolo della Turchia sudorientale”. Solidarietà ad Ankara nella lotta al terrorismo è stata espressa anche dal segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, secondo il quale “non c'è giustificazione per questi atti di violenza”. Anche l'Unione Europea “sta al fianco della Turchia nella sua determinazione per combattere il terrorismo”, come ha detto l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Catherine Ashton, che ha condannato “nei termini più duri” i “vergognosi attacchi del Pkk”. Proprio a Bruxelles, si è però rivolto il ministro per i rapporti con l'Europa, Egemen Bagis, dichiarando che “l'Unione Europea non può più rimanere inerte davanti a così tanti morti”.
La situazione è tesa e delicata e c'è il rischio di un'escalation militare: il Pkk, dopo un periodo di calma, a partire dalla scorsa estate ha inasprito gli attacchi. Il governo, e lo ha fatto vedere in queste ore, non intende restare inerte. Ma oltre che ad una ripresa del conflitto su vasta scala, Erdogan rischia anche di vedere sconfitta la politica di “doppio binario” portata avanti in questi anni: riforme democratiche e progressivo riconoscimento dei diritti dei curdi da una parte, tolleranza zero e pugno di ferro contro la lotta armata dall'altra. Se così fosse la Turchia rischierebbe di dover fronteggiare un pericoloso e sanguinoso fronte interno, proprio quando deve affrontare la delicatissima situazione del Medio Oriente proprio mentre sta costruendo il suo ruolo di potenza regionale. Con il rischio di trovarsi sostanzialmente sola, al di là delle dichiarazioni di circostanza. [RS]
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