Mancano pochi giorni per sapere se la Serbia otterrà o no lo status di candidata all'adesione all'Unione Europea. Il 12 ottobre prossimo, infatti, verrà reso noto il rapporto annuale della Commissione europea sull'avanzamento del processo di integrazione dei Paesi in lista d'attesa per l'ingresso nell'UE. Ma un obiettivo che fino a poco tempo fa sembrava ormai a portata di mano, soprattutto dopo la cattura e la consegna al Tribunale internazionale degli ultimi due criminali di guerra ricercati – Ratko Mladic e Goran Hadzic – rischia ora di sfuggire a causa degli eventi delle ultime settimane. Prima il riacutizzarsi della crisi nel nord del Kosovo, con la conseguente interruzione dei colloqui tra Belgrado e Pristina, poi l'annullamento del Pride 2011 che avrebbe dovuto tenersi il 2 ottobre nella capitale serba, minacciano di azzerare tutto il lavoro diplomatico costruito in questi ultimi anni.
L'agenzia Tanjug ha riportato le parole di una fonte diplomatica europea secondo la quale “il rapporto annuale della Commissione europea sui progressi serbi è positivo, ma non è ancora stato formulato il parere circa la richiesta (avanzata da Belgrado) di candidatura all'adesione”. Il parere positivo della Commissione e l'indicazione della data di inizio dei negoziati di adesione sembrava inevitabile fino a poco tempo fa, “ma dopo gli incidenti al confine, alcuni paesi hanno iniziato ad opporsi al conferimento dello status alla Serbia, ha aggiunto la fonte della Tanjug. Una valutazione confermata dall'eurodeputato Jalko Kacin, a Belgrado per rappresentare il Parlamento Europeo al Pride poi annullato: “Gli ultimi eventi nel Nord del Kosovo e l'interruzione del dialogo tra Belgrado e Pristina, potrebbero avere un effetto negativo nella visione dei Paesi Ue al momento di decidere sulla richiesta serba di candidatura UE”.
Se così fosse, la concessione della status sarebbe al momento preclusa senza speranza dato che, anche se ci fosse il via libera della Commissione, l'ok definitivo dovrebbe ottenere il voto unanime di tutti e 27 i Paesi membri: un vaglio che, secondo Tim Judah, la Serbia rischierebbe seriamente di non superare. Sul sito dell'Economist, il giornalista esperto dei Balcani conferma come proprio la nuova crisi in Kosovo “potrebbe fare la differenza quando la Commissione esprimerà il suo parere”, stroncando, dunque, qualunque speranza della Serbia già il prossimo 12 ottobre. Secondo molte analisi i fautori della linea dura sarebbero in particolare la Germania, ma anche la Francia. Le dichiarazioni fatte a Belgrado dalla Cancelliera il mese scorso, del resto, inducevano al pessimismo. Ma il fatto è, scrive Judah, che alcuni paesi Ue “si nascondono dietro la gonna della signora Merkel, lasciando che la grande madre cattiva imbracci il criticismo all'integrazione Ue dei Balcani occidentali”.
E che “tutto dipende dalla soluzione della crisi in Kosovo” lo ha detto anche Vincent Degert, capo della delegazione Ue a Belgrado, citato oggi dal quotidiano Blic. “La Commissione europea non ha ancora adottato una decisione finale riguardo la Serbia”, aggiunge poi Degert, ricordando che “incontri importanti relativi al Kosovo sono previsti questa settimana”. Alla fine di questa settimana, infatti, il mediatore europeo nei colloqui tra Belgrado e Pristina, Roberto Cooper, sarà nelle due capitali per cercare di di far ripartire il dialogo. Degert ci tiene a rassicurare che “gli ultimi eventi in Kosovo e il divieto del Gay Pride non possono adombrare il lavoro svolto (da Belgrado) degli ultimi due anni”. Insomma, dice l'importante rappresentante europeo, si deve tener conto della questione in tutti i suoi elementi, positivi e negativi. Resta il fatto che senza l'immediata ripresa dei colloqui con Pristina il cammino di Belgrado verso l'UE rischia di allungarsi ancora di molto e di farsi assai accidentato. “Tutto dipende ora dalla visita di Cooper”, ha detto la fonte europea della Tanjug. [RS]
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