Il premier turco e leader dell'Akp, Recep Tayyip Erdogan |
Anche se alle elezioni locali in
Turchia mancano poco meno di due mesi la campagna elettorale è ormai
entrata nel vivo e, nonostante la stagione, la temperatura politica è
già torrida. Non essendoci, nel sistema turco, un livello intermedio
di governon tra amministrazioni locali ed esecutivo (come sono per
esempio le regioni italiane o i laender tedeschi), il rinnovo dei
consigli provinciali e comunali, che avviene in contemporanea in
tutto il Paese, assume un grande rilievo: quello del 30 marzo 2014
sarà un test cruciale da cui potrà dipendere il futuro politico del
primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Secondo i sondaggi, il Partito
della giustizia e dello sviluppo (Akp) rimane la prima formazione
politica in Turchia. Ma le proteste contro il governo che per
settimane hanno attraversato tutto il Paese la scorsa estate e lo
scandalo tangenti che ha terremotato il quadro politico, riaccendendo
lo scontro tra governo e magistratura, ha duramente colpito il
partito del premier che appare in calo nelle intenzioni di voto e
potrebbe addirittura perdere Istanbul, la sua roccaforte più
importante oltre che città simbolo del Paese.
Le elezioni di marzo aprono un periodo
elettorale che passerà per le presidenziali di agosto (le prime a
elezione diretta) e arriverà alle politiche del 2015: dopo un
decennio di successi, le amministrative di marzo potrebbero segnare
l'inizio della parabola discendente dell'Akp e per lo stesso Erdogan.
Secondo un sondaggio dell'istituto di ricerca Metropoll reso noto
giovedì scorso la popolarità del premier sarebbe al 39,4%, cioè
quasi dimezzata rispetto al 2007, quando poco meno di 3/4 dei
cittadini turchi appoggiavano il suo operato. Un calo che non
risparmia neanche il presidente della Repubblica Abdullah Gul, un
tempo fedele alleato ma ora indicato come possibile avversario di
Erdogan alle presidenziali, che in questi mesi ha cercato, grazie al
suo ruolo istituzionale, di smarcarsi dall'immagine del premier. La
cosa interessante è che mentre nell'ultimo mese, da quando è
scoppiato lo scandalo della corruzione, mentre Erdogan ha perso poco
più del 9% dei consensi, Gul ha perso quasi il doppio, mantenendo
comunque quasi venti punti in più di gradimento rispetto al premier.
Che la posta in gioco sia alta e che il
rischio di sconfitta a Istanbul il prossimo 30 marzo sia tutt'altro
che remota, lo dimostra anche la decisione di Erdogan di scendere in
campo direttamente per sostenere il candidato dell'Akp Kadir Topbas
contro Mustafa Sarigul, presidente della municipalità di Sisli e suo
principale sfidante sostenuto dal Partito repubblicano del popolo
(Chp). Con un attacco di estrema durezza il premier, in una
manifestazione pubblica, ha mostrato il rapporto preparato dalla
commissione istituita dallo stesso Chp per indagare sui presunti
illeciti commessi dalla municipalità di Sisli che avrebbe rilasciato
autorizzazioni edilizie irregolari per decine di milioni di dollari.
Sarigul, da parte sua, ha respinto ogni accusa sostenendo che non c'è
nessun processo in corso a suo carico e che il consiglio di stato
turco ha già archiviato il caso anni fa e che Erdogan sta portando
avanti una campagna diffamatoria per minare la sua popolarità.
In effetti, mentre ad Ankara il
candidato dell'Akp, Melih Gokcek, non dovrebbe avere problemi per la
vittoria e a Izmir, storica roccaforte dell'opposizione, il sindaco
del Chp si avvia alla riconferma, a Istanbul, stando ad un recente
sondaggio dell'istituto Sonar, Sarigul sarebbe in leggero vantaggio
su Topbas, attuale primo cittadino e fedelissimo del premier.
Istanbul è una roccaforte del partito islamico moderato fin dai
tempi del Partito della prosperità nel 1994. Erdogan ha iniziato la
sua scalata al potere proprio come sindaco della città e perderla
oggi rappresenterebbe un colpo durissimo e forse irreparabile: il
segno della fine di un ciclo politico di grandi trasformazioni
rappresentato dall'ascesa al potere di una nuova classe dirigente,
dal ridimensionamento del vecchio establishment kemalista (in primis
dei militari) e da uno sviluppo economico cresciuto con tassi da
tigre asiatica. Ma ora proprio dall'economia arrivano segnali
inquietanti. Forse, più che dalle piazze della protesta o dalle
inchieste sugli scandali, i voti contro Erdogan potrebbero uscire dai
portafogli degli elettori turchi.
[basato su un lancio dell'agenzia TMNews]
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