Per il secondo anno consecutivo la Turchia conquista il poco invidiabile del più alto numero di giornalisti in carcere al mondo: sono ben 40. Una cifra che pone il Paese della Mezzaluna davanti a Cina e Iran. Questo almeno secondo l'ultimo rapporto del Committee to Protect journalist che segnala inoltre come le autorità abbiano continuato a ostacolare e censurare le voci critiche e cita il sindacato dei giornalisti turchi, secondo il quale almeno 22 giornalisti sono stati licenziati e 37 sono stati costretti a lasciare per la loro copertura delle proteste di Gezi Park a giugno.
“Gli arresti di giornalisti, la
confusione tra critica e terrorismo e l'accesa retorica anti media
del governo, che ha incoraggiato i magistrati a perseguire i critici,
hanno rovinato il curriculum della Turchia in tema di libertà di
stampa e frustrato le sue ambizioni di porsi come un leader e un
modello democratico per la regione”, afferma il Cpj, che sottolinea
come “le manovre sul personale in relazione a Gezi Park hanno
rappresentato il culmine di anni di politica repressiva da parte del
governo di Recep Tayyip Erdogan”, mentre l'atteso pacchetto di
riforme annunciato a fine settembre scorso “non ha portato una
riforma significativa delle leggi contro la stampa”.
Prima del rapporto del Cpj, Reporters
Without Borders ha annunciato il suo World Press Freedom Index nel
quale la Turchia si è classificata 154esima su 180 paesi per libertà
di stampa, dietro paesi che vino una situazione molto difficile come
il Libano, o sono teatro di conflitti come l'Afghanistan o l'Iraq.
Per il rapporto di Rwb, Ankara si piazza comunque davanti a Paesi
come Egitto (159esimo), Azerbaigian (160esimo), Iran (173esimo),
Somalia (176esima), Cina (175esima)
e Turkmenistan (178esimo).
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