Di Marina Szikora
Sabato scorso, 25 maggio, ricorreva il ventesimo anniversario dell'istituzione del Tribunale internazionale che giudica i crimini commessi in ex Jugoslavia (ICTY). Un anniversario che indubbiamente ha suscitato valutazioni diverse e contrastanti per quanto riguarda la missione, compiuta o meno, di questo organo di giustizia internazionale, vale a dire i processi e le condanne dei responsabili dei piu' atroci crimini commessi in ex Jugoslavia, nonche' il contributo del Tribunale alla riconciliazione nella regione e allo sviluppo della giustizia internazionale.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 25 maggio 1993, con la risoluzione 827 aveva deciso l'istituzione del Tribunale per fermare la guerra, punire i responsabili di gravi violazioni del diritto umanitario e creare i presupposti per la riconciliazione nella regione. Per il lavoro del Tribunale, da allora fino ad oggi, la comunita' internazionale ha speso circa due miliardi di dollari. Dalla sua istituzione, l'ICTY ha incriminato 161 persone per gravi violazioni di diritto umanitario commesse tra il 1991 e il 2001. Sono stati conclusi processi contro 136 imputati mentre sono ancora in corso quelli contro 25 persone.
Davanti ai giudici dell'ICTY, si sono trovati alcuni dei piu' importanti responsabili della guerra in ex Jugoslavia, come l'ex presidente della Serbia, Slobodan Milošević, morto in carcere durante il processo per i crimini commessi in Bosnia Erzegovina, Croazia e Kosovo. Poi, l'ex presidente della Republika Srpska, Radovan Karadžić, e l'ex comandante dell'esercito serbo-bosniaco, Ratko Mladić. L'ICTY ha stabilito la responsabilita' per crimini commessi nell'ambito di impresa criminale congiunta della leadership della Serbia e della Republika Srpska.
Valutazioni contrastanti, sottolinea l'agenzia croata Hina, non sono soltanto quelle nella regione bensi' anche per quanto riguarda la comunita' internazionale. Ogni anno alle riunioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU dedicate al lavoro dell'ICTY ci sono opinioni divise degli stati europei e degli Stati Uniti da una parte, che tradizionalmente appoggiano e difendono il lavoro del Tribunale, e della Russia dall'altra parte che critica apertamente il Tribunale, mentre con una posizione di mezzo vi e' la Cina la quale ritiene che l'ICTY deve rispettare il principio di imparzialita', indipendenza e stato di diritto.
Per quanto riguarda la regione, il lavoro del Tribunale viene maggiormente criticato e negato in Serbia. Ne e' la miglior dimostrazione l'intervento del presidente serbo Tomislav Nikolić alla scorsa riunione dell'Assemblea Generale dell'ONU. In quella occasione, Nikolić ha paragonato i processi all'Aja con l'inquisizione accusando il Tribunale di essere del tutto ingiusto nei confronti del popolo serbo, della Serbia e degli imputati serbi. Secondo Nikolić vi e' "un'atmosfera di linciaggio verso tutto quello che e' serbo" e questa corte, afferma il capo dello stato serbo, con una giustizia selettiva non ha contribuito e in nessun modo aiutato la riconciliazione nella regione. Il vicepresidente del governo serbo Aleksandar Vučić da parte sua ha accusato l'ICTY di non aver punito nessuno per i crimini commessi contro i serbi in Croazia e che davanti a questo tribunale non si e' trovato a rispondere nessun alto funzionario della Croazia o della BiH anche se, come afferma Vučić, "ci sono stati crimini da tutte le parti". Stesse opinioni condivide anche il rappresentante serbo della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, Nebojša Radmanović secondo il quale l'ICTY tratta ingiustamente le vittime serbe e punisce soltanto gli imputati serbi.
Va detto che il lavoro dell'ICTY e' stato per anni criticato anche in Croazia e va ricordato che i problemi relativi alla collaborazione della Croazia con questa corte internazionale sono stati uno degli ostacoli principali sul cammino del Paese verso l'adesione all'Ue. Le sentenze di liberazione dell'anno scorso ai generali croati Gotovina e Markač, secondo i sondaggi, hanno cambiato in senso positivo l'opinione pubblica croata nei confronti del Tribunale dell'Aja.
In questo penultimo anno del suo lavoro, al Tribunale dell'Aja per l'ex Jugoslavia sono ancora in corso alcuni processi di primo grado: contro Karadžić, Mladić e Hadžić. Ieri sono state pronunciate le sentenze di primo grado a "Prlić ed altri", mentre ancora in attesa quelle a "Stanišić e Simatović" nonche' il caso "Šešelj". Va sottolineato che il record in assoluto in quanto lunghezza di processo e' quello contro il leader degli ultranazionalisti radicali serbi, Vojislav Šešelj, che si trova sotto processo da ormai dieci anni.
I processi contro Mladić e Hadžić non saranno terminati entro il 31 dicembre 2014 quando, secondo la decisione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, si dovra' concludere il lavoro dell'ICTY. Mancheranno anche i processi di appello in altri, soprannominati casi e questi processi saranno consegnati al cosidetto meccanismo residuale del Tribunale che concludera' il lavoro non terminato e iniziera' ad operare il primo luglio 2013.
Il procuratore generale del Tribunale dell'Aja, Serge Brammertz ritiene che l'ICTY e' riuscito a portare tutti gli imputati davanti alla giustizia, il che non ha soltanto assicurato la responsabilita' individuale per gli imputati di crimini, bensi' anche dati relativi alle vicende che potrebbero essere un ostacolo nell'eventuale revisione della storia. "Siamo riusciti a far vivere gli obbiettivi della Risoluzione 827 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Siamo riusciti, nonostante tutto, a portare davanti alla giustizia tutti quelli che il Tribunale dell'Aja ha accusato e sollevare fortemente i principi della giustizia internazionale che non saranno spezzati facilmente" ha detto Brammertz nel suo intervento in occasione dell'anniversario del Tribunale. Ha aggiunto inoltre che sono visibili annunci di revisione nelle dichiarazioni pubbliche di alcuni politici nei paesi dell'ex Jugoslavia i quali ancora, persino oggi, glorificano oppure negano i crimini di guerra – alcuni vanno cosi' lontano da negare il genocidio a Srebrenica. "Questi commenti destano preoccupazione e al tempo stesso rilevano il ruolo fondamentale della giustizia internazionale" ha osservato Brammertz aggiungendo che "la politica di condizionamento degli stati membri dell'Ue con riferimento alla piena collaborazione con il Tribunale dell'Aja, dimostra che la giustizia internazionale ha maggiori possibilita' di prevalere quando vi esiste un appoggio politico forte e sollecitazioni positive per la collaborazione". Brammertz ha rilevato che e' un successo il fatto che sono stati efficacemente trasferiti molti processi di crimini di guerra alle procure nazionali nei paesi dell'ex Jugoslavia.
Il sito ufficiale del Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia
Al processo di pacificazione e di riconciliazione nell'ex Jugoslavia, dopo i conflitti, le tragedie e i crimini degli anni '90, e al ruolo svolto dal Tribunale internazionale è stata dedicata la quarta puntata del ciclo di Speciali di Passaggio a Sud Est "Racconta l'Europa all'Europa", realizzati nell'ambito del progetto europeo promosso da Osservatorio Balcani e Caucaso.
Ascolta la puntata
Il TPI dell'Aja ha contribuito alla riconciliazione in ex Jugoslavia?
Leggi il dibattito on-line svoltosi dal 28 febbraio al 5 marzo 2013 sul sito di Osservatorio Balcani e Caucaso
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