Qui di seguito riporto il testo della mia intervista per Radio Radicale al dottor Paolo Sartori, direttore del coordinamento operativo per l'Europa orientale e sud orientale della Criminalpol, che gli amici di Osservatorio Balcani e Caucaso hanno avuto la gentilezza di trascrivere e pubblicare sul loro sito.
Qual è l'attività svolta dall'ufficio
dove lavora?
La nostra è una struttura interforze
che opera a livello internazionale ed è coordinata dalla direzione
centrale della polizia criminale del ministero dell'Interno. Siamo
dislocati in molti paesi del mondo e dai nostri uffici all'estero
facciamo in modo che le attività investigative condotte dalle forze
di polizia e dalla magistratura italiana possano ottenere quelle
informazioni necessarie per poter procedere anche a livello
transnazionale.
Collaboriamo quotidianamente con le
forze di polizia e la magistratura dei paesi che ci ospitano e dai
nostri avamposti cerchiamo di far sì che tutte le informazioni che
riguardano fenomeni criminali che hanno pertinenza col territorio
italiano possano essere monitorate e possano essere utilizzate dagli
investigatori italiani.
Quali sono le organizzazioni criminali
più pericolose che operano nell'Europa sud-orientale?
Le organizzazioni mafiose italiane sono
tutte presenti, in particolar modo i clan della camorra e le
organizzazioni criminali siciliane, Cosa nostra nello specifico. La
'ndrangheta è anche molto presente, soprattutto negli ultimi anni.
Per il resto vi sono organizzazioni
criminali originarie del sud est Europa che ormai hanno esteso il
loro raggio d'azione a livello internazionale e anche il territorio
italiano non ne è esente.
Però vi è una grossa differenza tra
organizzazioni criminali di stampo mafioso così come noi le
intendiamo in Italia e quelle invece originarie dell'Europa del
sud-est. Queste ultime sono più flessibili, più mobili sul
territorio e non esercitano un controllo del territorio come lo
intendiamo noi. Sono molto efficaci perché le loro strutture snelle
consentono loro di muoversi a livello internazionale, di crearsi e
ristrutturarsi in diversi territori in modo assolutamente efficace e
difficile per noi da focalizzare e da contrastare.
Che caratteristiche hanno le alleanze
strette tra le nostre organizzazioni criminali e quelle del sud-est
Europa? Sono temporanee, legate a fatti contingenti o più
strutturate?
La stessa natura delle mafie del
sud-est Europa fa sì che questi accordi siano perlopiù strutturati
nel breve e medio termine: finalizzati al profitto e al reciproco
interesse. Abbiamo notato in varie attività investigative numerosi
accordi di questo tipo e solitamente sono finalizzati a portare a
termine determinate attività delinquenziali nel breve e medio
termine.
Inoltre le organizzazioni criminali di
questi paesi hanno una caratteristica che le rende particolari anche
rispetto a fenomeni di tipo politico e culturale di quei paesi dove
operano. Ad esempio non vengono riprodotti a livello criminale quei
conflitti di carattere etnico e culturale che invece si sono visti
negli ultimi due decenni nei paesi del sud est Europa.
Ad esempio vi sono organizzazioni
criminali serbe che operano in modo molto efficace assieme a
organizzazioni criminali kosovare.
Si tratta inoltre di organizzazioni
flessibili e molto mobili sui vari territori. Pensiamo a quelle che
si occupano del traffico di giovani donne verso i paesi occidentali e
poi sfruttate nell'ambito della prostituzione: vanno dove hanno
interesse ad agire e poi si ricollocano in altri territori. Così
come le organizzazioni criminali che si occupano di reati
informatici, un settore altamente specializzato dal punto di vista
tecnologico: si collocano in un determinato paese per un determinato
periodo e poi magari questi gruppi si sciolgono e i vari componenti
vanno a creare altri gruppi altrove.
Si è verificato un passaggio diciamo
di know how tra le organizzazioni criminali tradizionali e quelle che
potremmo definire “più giovani” di questi paesi?
Sicuramente le collaborazioni hanno
portato ad una conoscenza reciproca e anche ad un consolidamento di
quelle che sono le attività che queste organizzazioni compiono a
livello transnazionale. E vi è stato anche uno scambio di esperienze
e un utilizzo reciproco di professionalità criminali che in
precedenza le singole organizzazioni non avevano.
Quali sono i paesi in quest'area che
attualmente sono più deboli ed esposti all'infiltrazione della
criminalità organizzata?
I paesi che sono entrati a far parte
dell'Unione europea negli ultimi anni hanno sicuramente assorbito una
cultura giuridica e professionale che ne ha accresciuto l'efficienza
nell'attività di prevenzione e contrasto alla criminalità
organizzata. Vi sono invece altri paesi dove le legislazioni non sono
state ancora armonizzate con quelle più evolute e dove le forze di
polizia sono meno preparate.
Detto questo c'è da sottolineare come
ormai queste organizzazioni criminali non sono collocabili su un
territorio specifico, delimitato da confini nazionali. Inoltre vi
sono alcune organizzazioni più specializzate di altri in determinati
settori. Ad esempio la criminalità organizzata romena è molto
attiva nel settore dei reati informatici e finanziari; quella serba e
albanese nel traffico internazionale di droga.
A questo proposito negli ultimi anni
abbiamo rilevato un cambiamento delle rotte classiche del traffico ad
esempio della cocaina. Una volta quest'ultima veniva trasportata
direttamente nei paesi occidentali dall'America del sud mentre invece
adesso le organizzazioni criminali sudamericane in contatto con
quelle europee - e italiane in particolare - trasportano la cocaina
nei paesi dell'est Europa via nave attraverso il Mar Nero e da qui
poi arriva in Europa occidentale. Si allunga il percorso ma si
trovano canali preferenziali, protezioni e connivenze.
Il traffico di droga è sempre quello
più redditizio?
Sicuramente sì, assieme al traffico di
esseri umani e al traffico internazionale di armi.
Di solito si ritiene che grazie al
traffico di stupefacenti venga accumulata una grande capacità
finanziaria che permette poi di investire in altri traffici illeciti
o nell'economia legale. Questo è sempre vero?
Sicuramente la globalizzazione dei
mercati ha favorito il riciclaggio di denari di provenienza illecita,
soprattutto in alcuni paesi del sud est Europa dove le legislazioni a
contrasto e prevenzione di questo tipo di fenomeni non sono state
all'altezza.
L'impressione che il cittadino ha è
che, nonostante il vostro quotidiano impegno e i vostri successi, le
mafie continuino quasi imperturbate a condurre i loro traffici...
Sono valutazioni sicuramente corrette
anche se dobbiamo dire che le attività delle forze di polizia e
delle magistrature sia a livello nazionale che internazionale sono
solo la punta dell'iceberg di quello che dovrebbe essere un sistema
più complesso di attività di prevenzione e di repressione.
Certo da sole non bastano per far sì
che questo fenomeno possa esser ridotto e controllato in tutte le sue
componenti. Vi sono infatti componenti di carattere sociale e
culturale e di altro genere che sono, diciamo così, avulse da quelle
che sono le nostre attività.
E poi vi sono valutazioni di carattere
politico che non sta a me fare, che sono molto complesse e che
riguardano anche interessi diversi a livello globale.
Alcuni governi di paesi del sud America
chiedono di rivedere alcune politiche alla base del contrasto al
traffico di stupefacenti. Secondo lei c'è qualcosa da cambiare nel
modo in cui viene condotta nel mondo la guerra alla droga?
Dal punto di vista della collaborazione
tra le forze di polizia e le magistrature posso dire che negli ultimi
anni sono stati ottenuti risultati di altissimo livello e questa
collaborazione si è sicuramente rafforzata. Poi per quanto riguarda
gli aspetti più politici e culturali sicuramente vi sono molte cose
da fare ma ribadisco che non sta a me dare una valutazione in questo
senso.
Lei vive in Romania da circa 15 anni.
Cosa è cambiato in questi paesi in questo lasso di tempo?
Negli ultimi 15 anni nei paesi del sud
est Europa sono cambiate moltissime cose, da tutti i punti di vista.
Per quanto riguarda il nostro lavoro le cose sono migliorate in
maniera molto evidente, sia dal punto di vista dell'atteggiamento
verso l'attività di collaborazione internazionale da parte delle
autorità di questi paesi sia dal punto di vista della percezione
sociale della pericolosità di questi fenomeni e quindi del
coinvolgimento delle società di questi paesi nelle attività di
prevenzione e anche nelle discussioni che ci sono a tutti i livelli.
Ritengo inoltre che siano in atto ulteriori cambiamenti che non
possono che fare bene e portare elementi positivi in questa lotta che
quotidianamente portiamo avanti.
Immagino che in questo senso il
processo di integrazione europea sia uno snodo fondamentale...
Indubbiamente il fatto di sentirsi
parte integrante dell'Unione europea per i paesi che hanno fatto il
loro ingresso recentemente e anche per altri che hanno aspettative
concrete di entrare a farne parte ha senza dubbio giovato.
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