lunedì 30 aprile 2012

SERBIA: UN "EFFETTO ITALIA" SULLE ELEZIONI

Domenica prossima la Serbia va alle urne per il rinnovo del parlamento, delle amministrazioni locali e l'elezione del nuovo presidente. Sarà un passaggio chiave per capire che direzione prenderanno nei prossimi anni non solo la Serbia, ma l'area ex jugoslava nel suo complesso, impegnata in una non facile ricostruzione socio-politica dopo le guerre degli anni '90 e avviata bene o male sul percorso dell'integrazione in una Unione Europea che non può chiuderle la porta in faccia, ma si trova a gestire forse il più difficile momento della sua storia. I fattori che pesano sulle elezioni del 6 maggio sono tanti: la crisi economica, la disillusione dei cittadini, il Kosovo, ma anche altri fattori come la presenza di investitori dall'estero, un campo in cui l'Italia gioca un ruolo di primo piano non solo con alcune delle nostre maggiori imprese, ma con una presenza massiccia di realtà imprenditoriali medio-piccole.

Scrive Cecilia Ferrara in un articolo pubblicato sul Venerdì di Repubblica di questa settimana che “il Paese è diventato un incredibile polo attrattivo per gli investimenti esteri ed in particolare italiani. Tanto che lo stesso Monti ha pensato bene di far visita a Belgrado, all'indomani della candidatura all'Ue, con una delegazione di ben otto ministri. E Marchionne ha inaugurato nei giorni scorsi lo stabilimento di Kragujevac, dove si produrrà la 500 L, facendo sapere che "per la Fiat il Paese è affidabile". Insomma Ivan "il terribile" Bogdanov, che interrompeva Italia-Serbia mostrando alle tv di tutto il mondo il dito medio, è un ricordo lontano”. E nella partita di domenica tra i tanti fattori che peseranno suklle decisioni di voto degli elettori, ci sarà anche l'effetto della presenza delle aziende italiane con i loro investimenti delocalizzati, a partire dalla Fiat.

Chi cercherà di raccogliere i frutti dei cambiamenti positivi compiuti dalla Serbia questi ultimi anni, spiega Cecilia Ferrara, sarà certamente il presidente della repubblica uscente (in carica dal 2004) Boris Tadic, leader del Partito Democratico (Ds) e leader serbo più amato dalle cancellerie occidentali. Principale sfidante ancora una volta, Tomislav Nikolic che nelle scorse tornate elettorali era il candidato ultra-nazionalista, del partito dei radicali ultranazionalisti il cui presidente, Vojislav Seselj, è imputato all'Aja per crimini di guerra. Dopo la sconfitta del 2008, Nikolic ha lasciato i radicali per fondare il Partito progressista serbo con la maggior parte dei membri del partito che hanno compreso che è meglio puntare sull'Europa. I nazionalisti anti-europei si sono intanto ridotti al lumicino e l'ago della bilancia, come quattro anni fa, sarà il partito che fu di Milosevic, il Partito socialista serbo di Ivica Dacic, attuale ministro della Giustizia, che potrebbe essere il nuovo primo ministro. Stando ai sondaggi si preannuncia comunque un risultato al fotofinish con un voto su cui peseranno molto la disillusione e lo scetticismo dei serbi verso l'intera loro classe politica, come mostra l'articolo citando varie voci, non solo di esperti e politologi.

Leggi qui l'articolo di Cecilia Ferrara sul Venerdì di Repubblica

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