Da quando ho letto che, vent’anni fa, anche il generale bosniaco Jovan Divjak non credeva che sarebbe scoppiata la guerra a Sarajevo, mi sento meno idiota. Anch’io, come il generale, non prendevo sul serio i chiari segnali premonitori, le situazioni inconfondibili. Non ci credevo, o non volevo crederci. Persino il giorno dopo il primo attacco su Sarajevo, tra il 5 e il 6 aprile 1992, continuavo a dubitare. E così come me molti vicini, amici, colleghi, familiari.
Inizia così l'articolo Azra Nuhefendić, pubblicato giovedì da Osservatorio Balcani e Caucaso: un ricordo intenso dell’inizio dell’assedio di Sarajevo. Gli amici diventano nemici, gli amici che abbandonano la città, i colpi di artiglieria che cominciano a cadere sulle case, le cantine che diventano rifugi, i posti di blocco nelle strade, i primi morti, la fuga dalla città. E l’incredulità di fronte alla guerra.
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Quell'aprile a Sarajevo
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