Memoriale delle vittime di Jasenovac (Foto Petar Milosevic/Wikipedia) |
Donja Gradina, Jasenovac - Nella Repubblica serba di Bosnia e in Croazia si è celebrato ieri il “Giorno del ricordo” delle vittime del genocidio ustascia contro serbi, rom, ebrei e antifascisti di diverse nazionalità avvenuto durante la seconda guerra mondiale, dall’agosto del 1941 al 22 aprile del 1945, quando migliaia di persone furono uccise a causa della propria fede, nazionalità e appartenenza ideologica.
Dal parco monumentale di Donja Gradina, oggi in Repubblica serba di Bosnia, il più grande luogo d’esecuzione nel sistema del lager concentrazionario “Jasenovac” (100 km a sud-est di Zagabria, in Croazia) istituito nell’agosto del 1941 subito dopo la proclamazione dello stato indipendente croato di Pavelić, sono univoci i messaggi dei vertici politici croati e serbi presenti alle cerimonie nel sostenere che i crimini non si possono dimenticare o negare e che la pace deve essere difesa come il bene più grande.
Da Jasenovac il presidente croato Josipović, assicurando che la grande maggioranza dei croati sono oggi antifascisti e che in Croazia non passeranno mai più idee naziste e ustasce, ha avvertito però che nei libri scolastici in Croazia non è stata scritta la piena verità sulla seconda guerra mondiale e che da tragici avvenimenti come Jasenovac “spesso non si impara niente, anzi nuovamente ci sono dei movimenti che vorrebbero mettere in pericolo l’umanità, la libertà e la democrazia”, aggiungendo però che in Croazia c’è ormai “sufficiente intelligenza e ragionevolezza per evitare questa deriva”.
Il premier croato Zoran Milanović ha invece sottolineato come a Jasenovac il crimine non sia iniziato dal nulla e non sia stato frutto di un odio temporaneo, ma di “un processo lungo dove si è pianificata la morte”, aggiungendo che si deve dire apertamente che sono stati uccisi per la maggior parte serbi e poi ebrei, rom e croati antifascisti. “L’unica bandiera sotto la quale dobbiamo stare è quella di una Croazia democratica, libera e giusta e di una società aperta a tutti quelli che qui vogliono vivere”.
A Donja Gradina il presidente della Repubblica serba di Bosnia Milorad Dodik ha dichiarato che “ai crimini perpetrati a Jasenovac non è mai stato risposto nel modo che meriterebbero le vittime e bisogna oggi ristabilire la verità”, accusando poi il regime comunista jugoslavo che minimizzando le vittime appartenenti al popolo serbo è diventato complice del crimine. Secondo le sue parole, il popolo serbo anche in Europa deve essere accettato come popolo della pace, ma anche come un popolo che ha diritto alla sua identità e al suo stato, anche in Bosnia Erzegovina.
“Noi non vogliamo una Bosnia forte, noi sosteniamo che la Bosnia deve essere così come è stato deciso negli accordi di Dayton e tutte le altre acrobazie che hanno lo scopo di far diventare la Bosnia più forte e la Repubblica serba più debole non possono passare” ha aggiunto Dodik. “La Repubblica serba di Bosnia desidera far parte di una società civile che aumenti la pace e lo sviluppo e che viva in pace con gli altri popoli dei Balcani. Dobbiamo tutti insieme mostrare la nostra forza e grandezza, e onorare tutti i popoli che sono state vittime in questi luoghi, anche bosniaci e croati, cosicchè queste cose non si ripetano più”.
Anche il premier serbo Mirko Cvetković ha lanciato un messaggio da Donja Gradina augurandosi che le popolazioni dei Balcani facciano reciprocamente affidamento su loro stesse, sostenendo che la loro sopravvivenza sarà possibile solo se ci sarà più tolleranza. “Quello che ci è successo in passato non deve ritornare come un boomerang. Come persone dobbiamo perdonare ma non possiamo dimenticare” ha detto Cvetković durante la commemorazione alla quale hanno partecipato anche rappresentanti di Israele, il corpo diplomatico e organizzazioni internazionali di ebrei e rom. “Il futuro è in mano a quelli che meglio e più a lungo ricorderanno il passato. Questi crimini non possono essere dimenticati in una società civile basata su giuste norme morali e i colpevoli dei crimini non possono essere amnistiati”.
Il giorno del ricordo delle vittime del genocidio ustascia è stato istituito in occasione del tentativo di sfondamento delle barriere del lager “Jasenovac” (composto da 5 campi) da parte di due gruppi di circa mille prigionieri il 21 e 22 aprile 1945, dei quali solo un centinaio raggiunse la libertà. Quelli che rimasero dentro vennero uccisi e bruciati insieme agli edifici del campo. Secondo gli ultimi dati finora sono stati riconosciuti nomi e dati di circa 82.000 vittime di cui circa 20.00 bambini. Il conteggio totale del numero delle vittime varia da qualche decina di migliaia fino al milione, a seconda dell’appartenenza etnica, ed è ancora oggi oggetto di grosse polemiche etnico-politiche tra serbi e croati.
[*] Responsabile cultura dell'associazione culturale italiana Il Belpaese di Novi Sad. Insegnante all'Istituto di Cultura Italiano di Belgrado.
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