giovedì 28 aprile 2011

MEZZALUNA SUI BALCANI

di Marina Szikora
Il testo che segue è la trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 28 aprile a Radio Radicale, dedicato al vertice che martedì 26 a Karadjordjevo, in Serbia, ha riunito il presidente serbo Boris Tadic, il presidente turco Abdullah Gul, e i membri della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, il croato Zeljko Komsic, il serbo Nebojsa Radmanovic e il bosgnacco Bakir Izetbegovic. La Turchia ha importanti legami storici con i Balcani e mantiene buone relazioni con le comunità musulmane locali. Negli ultimi anni, soprattutto con il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu Ankara si è mostrata particolarmente attiva nelle dinamiche regionali con lo scopo di favorire la stabilizzazione e la pacificazione, proponendo il suo ruolo mediatore anche nell'ottica dell'adesione all'Unione Europea. Un anno fa Ankara aveva organizzato un incontro simile da cui era scaturita una dichiarazione comune che confermava l'impegno delle parti di preservare l'integrità territoriale della Bosnia Erzegovina.

Un'immagine del summit di Karadjordjevo (Foto Beta)
"I turchi non rinunciano alla loro influenza nella regione" questo il titolo di un articolo del quotidiano di Belgrado 'Blic' pubblicato martedi' in vista del vertice a Karađorđevo, in Serbia tra Turchia, Serbia e BiH. I presidenti di questi paesi, Abdulah Guel, Boris Tadić e tutti e tre membri della presidenza tripartita della BiH, Nebojša Radmanović, Bakir Izetbegović e Željko Komšić si sono riuniti a Karađorđevo al secondo dei tre previsti vertici trilaterali in cui il tema di colloqui sono state le relazioni nella regione, cooperazione bilaterale dei tre paesi e sviluppo potenziale della collaborazione economica. Il primo incontro di Tadić, Guel e dell'ex presidente della Presidenza della BiH Haris Silajdžić si e' svolto il 24 aprile 2010 ad Istanbul e allora i tre leader hanno concordato che la politica regionale deve basarsi sulla garanzia della sicurezza, costante dialogo politico e salvaguardia delle particolarita' multietniche, multiculturali e multireligiose della regione balcanica.

Questo accordo e' stato messo anche su carta in forma della cosiddetta “Dichiarazione di Istanbul”. E' stato deciso allora che nei prossimi due anni si svolgeranno altri due incontri, il primo in Serbia e quello secondo in BiH. Come scrive Blic, la Dichiarazione ha provocato reazioni divergenti in BiH. La partecipazione, all'epoca, di Haris Silajdžić, allora leader bosgnacco della BiH ha provocato serie disapprovazioni nella RS e il rappresentante serbo della presidenza Nebojša Radmanović aveva allora dichiarato che firmando la Dichiarazione di Istanbul, Silajdžić aveva violato la Costituzione della BiH perche' firmata senza l'approvazione degli altri due membri della Presidenza della BiH. Il risultato di queste divergenze e' che al summit di Karađorđevo hanno partecipato i rappresentanti di tutti e tre popoli della BiH.

Ma anche oggi, un anno dopo, il vertice di Karađorđevo viene interpretato diversamente in BiH. Per aver accettato il proseguimento del cosidetto processo di Istanbul, Radmanović e' sottoposto a critiche nella RS, commenta la Deutsche Welle tedesca. Secondo le parole di Bakir Izetbegović invece, la riunione e' una occasione per discutere di questioni aperte tra cui anche quelle relative ai confini e sfruttamento illegale delle risorse energetiche. Si e' parlato anche del referendum nella RS. Il membro croato della presidenza tripartita della BiH, Željko Komšić, in vista del vertice, ha detto che aprira' la questione del comportamento di certi rappresentanti della Serbia, soprattutto del ministro degli esteri Vuk Jeremić che ha appoggiato il referendum nella RS e in tal modo, secondo Komšić, interferisce apertamente nelle questioni interne della BiH.

Molti politici e personalita' della Federazione BiH hanno criticato fortemente la scelta del luogo della riunione perche', secondo loro, ricorda l'accordo tra Franjo Tuđman e Slobodan Milošević nel 1991. Ma per il membro croato della presidenza tripartita Željko Komšić proprio la scelta di Karađorđevo significa fare i conti con il passato. Il suo consigliere per la politica estera Davor Vuletić ha affermato che si tratta di una grande svolta rispetto alle vicende di vent'anni fa quando a Karađorđevo e' stata accordata la politica il cui epilogo e' stato quello del Tribunale dell'Aja. Gli analisti in questo vertice vedono un tentativo e l'intenzione di Ancara a promuoversi in un fattore di pace e stabilita' nei Balcani per soddisfare i propri interessi come anche quelli bosgnacchi.

A conclusione della riunione di Karađorđevo, il presidente serbo Boris Tadić ha detto che la Serbia non interferira' nelle questioni interne della BiH e ha promesso che terra' fede a questo principio anche nel futuro. "La Serbia non appoggera' mai il referendum che metterebbe a rischio la questione dell'integrita' della BiH" ha dichiarato Tadić. Ha aggiunto che la Serbia vuole collaborare con tutte le istituzioni della BiH e questo verra' confermato anche con la sua visita in BiH nei prossimi mesi. Tadić ha ripetuto che la Serbia rispetta pienamente l'Accordo di pace di Dayton e l'integrita' territoriale dei suoi vicini, ma si aspetta altrettanto quando si tratta del Kosovo. Ha puntato sul significato della riconciliazione nella regione, processamento dei crimini di guerra e individualizzazione della colpevolezza. Come obiettivo politico prioritario ha individuato l'integrazione dell'intera regione al piu' presto nell'Ue a partire dalla Croazia.

"La Croazia deve diventare al piu' presto membro dell'Ue ma e' importante che dopo l'integrazione della Croazia non vi sia una grande pausa fino all'integrazione del prossimo stato" ha sottolineato Tadić. Ma mentre sono queste le prime dichiarazioni del presidente serbo dopo la riunione trilaterale, dal Parlamento popolare della RS e' stata inviata la decisione firmata sul referendum che dovrebbe svolgersi tra circa due mesi.

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