Di Marina Szikora, corrispondente di
Radio Radicale
La settimana scorsa le principali
citta' della Slovenia sono diventate veri centri di protesta. La
capitale Ljubljana sembrava un campo di battaglia. All'inizio pareva
che ci sarebbero state manifestazioni pacifiche, una specie di
"festival di democrazia" hanno scritto i media nella vicina
Croazia, manifestazioni in segno di protesta contro il governo di
Janez Janša. Invece, nelle ore serali, per le strade di Ljubljana e'
scoppiata una vera guerra, ha scritto il quotidiano di Zagabria
'Večernji list'. Circa cinquecento violenti hanno attaccato la
polizia davanti al Parlamento sloveno gettando sassi e fiaccole. La
polizia ha risposto con lacrimogeni e con getti d'acqua. Secondo le
informazioni del quotidiano di Ljubljana 'Delo' sono state arrestate
30 persone, feriti 15 poliziotti di cui due in maniera piuttosto
grave. Il numero di feriti tra i cittadini non e' stato riportato. La
manifestazione e' stata indetta da un gruppo nato su Facebook di
opposizione al premier Janša. I manifestanti ritengono che la
Slovenia non sia uno stato di diritto e che il premier rappresenti il
Paese soltanto simbolicamente. "Per una pianta di marijuana si
va in prigione, mentre il premier rifiuta di presentarsi in tribunale
come se si trattasse di un invito al caffe", si e' lamentata una
studentessa di Ljubljana. Secondo i manifestanti, politici, giudici,
sindacalisti, sono tutti responsabili per la situazione nel paese.
Gridavano "Ladri! Dimissione del governo! Andatevene!".
Tutto e' iniziato ancora prima, quando la miccia dell'insoddisfazione
si e' accesa a Maribor e poi diffusa in tutta la Slovenia, contro la
corruzione, il clientelismo, la poverta' che hanno portato la gente
in piazza. Dopo Maribor, e' seguita la capitale Ljubljana: non solo
le proteste contro il premier Janša, ma anche contro il sindaco
Zoran Janković, nonche' contro i candidati alle presidenziali,
Danilo Tuerk e Borut Pahor. Infine le manifestazioni si sono estese
anche alle citta' di Koper, Novo Mesto, Velenje, Trbovlje, Nova
Gorica ed Ajdovščina.
Venerdi' scorso, dopo l'annuncio che si
sarebbe manifestato nelle menzionate citta', il presidente uscente
Danilo Tuerk aveva dichiarato che il premier Janša tentava di
impaurire i manifestanti e ha avvertito sul pericolo dello stato
autoritario. Tuerk ha denunciato il proseguimento della politica di
intimidazione del premier Janša rilevando che le manifestazioni sono
garantite dalla costituzione e che sarebbero trascorse pacificamente
e dignitosamente. Tuerk si era appellato affinche' i politici dessero
ascolto responsabilmente ai messaggi dei manifestanti, rilevando che
bisogna ostacolare le violenze. Va detto anche che prima di quanto
accaduto, Janez Janša aveva diffuso un messaggio video molto
drammatico in cui avvertiva che "la Slovenia a causa della crisi
e del blocco politico si trova nella situazione in cui la piazza
potrebbe accendere un unico fiammifero", alludendo anche
chiaramente al fatto, che secondo lui, le manifestazioni indette via
Facebook erano una specie di appoggio al presidente uscente Danilo
Tuerk affinche' potesse eventualmente ricuperare il grande vantaggio
del suo sfidante Borut Pahor affermando cosi' anche la sua
contrapposizione al governo e alle sue misure economiche. Per tal
motivo Janša ha chiamato i suoi sostenitori a votare l'ex premier
Borut Pahor perche' ha espresso maggiore comprensione verso la
politica delle riforme del governo e alla stabilizzazione
finanziaria.
Quale che sia stato la retroscena di
queste vicende, che non poco hanno sconvolto la Slovenia, domenica
scorsa si e' tenuto il secondo turno delle elezioni presidenziali. Il
clima generale ha contribuito sicuramente alla bassa affluenza alle
urne, ma con un vantaggio clamoroso ha vinto l'ex premier Borut
Pahor: l'unico nella storia del Paese dall'indipendenza del 1991 ad
aver ricoperto l'incarico di presidente del Parlamento, capo del
governo e ora, infine, capo dello Stato. Pahor ha vinto con il 67,44%
dei voti rispetto al presidente uscente, Danilo Tuerk, il quale ha
ottenuto il 32,56%. "Questa vittoria e' un messaggio che
nonostante le grandi difficolta' di cui siamo testimoni deve esistere
una via di uscita e questa uscita dobbiamo e vogliamo trovarla
insieme", ha detto Pahor dopo la vittoria aggiungendo che quando
le cittadine e i cittadini sloveni vinceranno questa crisi, e questo
accadra', tornera' quella fiducia in sé stessi che si sentiva quando
nacque lo Stato sloveno. "La stella slovena splendera' nel
cielo", ha promesso il nuovo presidente. Durante la campagna
elettorale si e' parlato molto del fatto che dietro le quinte della
politica slovena, decidano i cosiddetti "zii del retroscena",
una teoria che molto spesso e' stata ribadita dallo stesso premier
Janez Janša anche se i loro nomi si fanno raramente. Pahor stesso
aveva denunciato nella sua campagna che il suo governo era stato
rovesciato appunto da questi "zii del retroscena":
un'accusa che molti hanno interpretato come rivolta al suo ex maestro
Milan Kučan, primo presidente della Slovenia e politico di vecchio
stampo.
Dopo la breve tregua per il voto e' poi
riesplosa una nuova ondata di proteste: circa 10 mila persone si sono
riunite lunedi' nel centro della citta' di Maribor per chiedere le
dimissioni del sindaco, accusandolo di corruzione. Davanti
all'ufficio comunale i manifestanti hanno lanciato grosse pietre
rompendo i vetri. Il bilancio e' stato di 60 persone fermate e sei
poliziotti feriti. Lo stesso giorno, alcune migliaia di manifestanti,
soprattutto giovani, hanno marciato in segno di protesta per il
centro di Ljubljana. Il corteo si è via via ingrossato fino a
raggiungere la cifra di 10 mila persone che hanno protestato contro
il sindaco Zoran Janković e contro il governo di Janez Janša. La
polizia aveva in precedenza chiuso le strade che conducevano verso il
Parlamento e la sede del governo. Manifestazioni si sono svolte anche
a Celje, Velenje ed in altre citta' slovene. I manifestanti hanno
gridato slogan contro gli attuali politici, compreso il premier Janez
Janša. La polizia ha avvertito che tra i manifestanti si sono
infiltrati anche gruppi estremisti e hooligans che hanno attaccato i
poliziotti aumentando cosi' il rischio di violenze sia nei confronti
della polizia che nei confronti dei manifestanti pacifici.
[*] Il testo è tratto dalla
corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est di Radio
Radicale del 6 dicembre
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