Il Kosovo, all'epoca
della Jugoslavia di Tito era una provincia autonoma. Tale autonomia
fu revocata con l'avvento al potere a Belgrado di Slobodan Milosevic
che progressivamente e sempre più duramente represse ogni iniziativa
indipendentista. Gli albanesi kosovari costruirono, quindi, strutture
amministrative e sociali parallele, ma la lotta condotta per vari
anni in maniera nonviolenta sotto la guida del “padre della patria”
Ibrahim Rugova, verso la fine degli anni '90 sfociò in un conflitto
armato. Da parte albanese nacquero formazioni guerrigliere la più
potente delle quali fu l'Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck). Da
parte serba si rispose con gli attacchi indiscriminati dell'esercito
e la pulizia etnica operata dalle bande paramilitari secondo i metodi
tristemente impiegati negli altri conflitti jugoslavi.
Nella primavera del 1999, la Nato,
senza il via libera del Consiglio di sicurezza dell'Onu e sfruttando
la debolezza politica di cui in quel momento soffriva la Russia, protettrice del regime di
Milosevic ormai sempre più isolato e in difficoltà, diede il via ad
una campagna di bombardamenti aerei sul Kosovo e sulla stessa Serbia:
furono colpite infrastrutture civili e installazioni militari in varie località e la stessa capitale Belgrado (dove i segni delle bombe sono visibili ancora oggi). L'iniziativa
convinse il regime serbo a ritirare le sue truppe dal Kosovo che fu
diviso in aree controllate da forze del contingente Nato e della
Russia, mentre l'amministrazione fu assunta da una missione delle
Nazioni Unite (Unmik).
La Serbia, forte anche della
risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza che riconosceva la sua
sovranità sul Kosovo, accettò il protettorato internazionale sulla
sua provincia ma dichiarò che non avrebbe mai consentito di
rinunciare alla sovranità su una terra che considera la culla della
propria identità nazionale, culturale e religiosa. In seguito il
mediatore Onu, Martti Ahtisaari, concordò con le parti un processo
di accesso all'indipendenza del Kosovo "sotto sorveglianza
internazionale", cioè dell'Isg, con un'amministrazione Onu.
Questo processo è sempre stato però respinto da Belgrado e il
negoziato finì in un nulla di fatto con le parti irremovibili sulle
proprie posizioni.
Il 17 febbraio del 2008, i kosovari
albanesi ruppero gli indugi dichiarando unilateralmente
l'indipendenza da Belgrado, ma nel nord del Kosovo, dove sono
maggioranza, i serbi non hanno mai riconosciuto le autorità di
Pristina e hanno dato vita a istituzioni parallele. In questi anni
non sono mancate tensioni e incidenti anche gravi, con morti e feriti
da entrambe le parti e interventi duri delle forze internazionali.
Nel frattempo ha preso il via la missione civile dell'Ue (Eulex) e lo
scorso anno, dopo anni di gelo, Belgrado e Pristina, con la
mediazione europea, hanno avviato negoziati su questioni “tecniche”
che, per espresso accordo tra le parti, non contemplano la questione
dello status del Kosovo.
Il miglioramento delle relazioni con
Pristina è la principale condizione posta da Bruxelles perchè la
Serbia, che a marzo scorso ha ottenuto lo status di Paese candidato
all'adesione alla Ue, possa ottenere una data per l'apertura dei
negoziati di adesione, la quale, inizialmente attesa per la fine di
quest'anno, dopo il cambio di leadership a Belgrado in seguito alle
elezioni parlamentari e presidenziali dello scorso maggio è slittata
a non prima della seconda metà del 2013. Nel frattempo il nuovo
presidente nazionalista (moderato) ha fatto sapere di puntare a
trasferire il negoziato con Pristina al Palazzo di vetro dove
Belgrado può contare sull'appoggio di Russia e Cina e sul loro
potere di veto al Consiglio di sicurezza.
La decisione dell'Isg non cambia
comunque nulla per le missioni in corso: Eulex, la missione Ue che
riguarda polizia e giustizia e il cui mandato è stato prorogato fino
al 2014, e Kfor, la forza militare multinazionale della Nato. Il
Kosovo, che resta il Paese più povero d'Europa, è inoltre alle
prese con gravissimi problemi di corruzione politica e infiltrazione
della criminalità organizzata, mentre l'approdo dell'integrazione
nell'Unione Europea resta al momento un lontano miraggio. Insomma, il
Kosovo da oggi diventa pienamente sovrano (almeno per gli Stati che
lo riconoscono): che sia altrettanto indipendente è altro discorso. [RS]
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