Di Riccardo De Mutiis
La genesi delle relazioni
russo-montenegrine, sebbene propiziata dal comune credo ortodosso, ha
una matrice essenzialmente politica: infatti si colloca
nell’Ottocento quando il Montenegro cerca di affrancarsi dalla
sottomissione all’Impero Ottomano, guadagnandosi in tal modo la
simpatia della Russia degli Zar, secolare nemico dei turchi nella
lotta per il predominio nei Balcani. E l’amicizia tra i due paesi
trovava eco anche nella letteratura russa, se è vero che un
personaggio tolstoiano, il conte Vronskij dell’Anna Karenina,
va a combattere a fianco dei serbi e dei montenegrini nella loro
lotta per ottenere l’indipendenza da Bisanzio. Solidissimi poi
erano i rapporti tra gli zar Romanov ed il gospoda Nikola Petrovic,
sovrano e padre dell’indipendenza del Montenegro, le cui figlie
studiavano a San Pietroburgo. E lo stesso Nikola, quando gli
chiedevano di quante truppe egli disponesse, era solito rispondere
che lui e suo cugino lo Zar avevano un esercito di un milione e
cinquemila uomini, sottacendo però che un milione di questi erano
russi e facendo comunque intendere, con quella risposta, di potere
disporre in qualunque momento dell’aiuto russo. Ed in effetti
proprio la Russia si atteggiava in sede diplomatica a protettrice dei
montenegrini, ottenendo che l’indipendenza conquistata sul campo di
battaglia dall’esercito di Nikola venisse riconosciuta dalle grandi
potenze. Il legame con i Romanov venne poi puntualmente onorato da
Nikola Petrovic durante la prima guerra mondiale, che vide Russia e
Montenegro alleate ed ebbe per entrambe, nonostante la vittoria della
coalizione di cui facevano parte, lo stesso amaro epilogo: la Russia
subì dolorose amputazioni territoriali ed il Montenegro perse la
propria indipendenza, i rispettivi sovrani persero il trono ed uno di
essi, lo zar Nikola II, addirittura la vita. Dal 1945, con la
scomparsa dello stato montenegrino, assorbito dalla Jugoslavia,
cessarono anche i rapporti tra i due Paesi, che ripresero in un
contesto completamente diverso quando il Paese delle Montagne Nere
riacquistò l’indipendenza.
Le relazioni, che nel periodo
precedente la prima guerra mondiale avevano avuto natura
esclusivamente politica, hanno assunto, recentemente, una dimensione
nuova. Infatti alla connessione politica si aggiunge quella, prima
sconosciuta, di natura economica. L’ impatto russo sull’economia
montenegrina è evidenziato in modo emblematico dal sito internet
della compagnia di bandiera Montenegro Airlines, le cui informazioni
sono disponibili, oltre che nella lingua locale ed in inglese, anche
in russo, a significare l‘importanza del flusso di viaggiatori tra
Mosca e Podgorica. Passando dal web all’urbanistica l’impronta
russa rimane costante: è sufficiente recarsi a Podgorica per
accorgersi della costruzione di un nuovo ponte sulla Moraca,
costruito con fondi provenienti da una fondazione russa e per tale
ragione chiamato Moskovje. Se si passa poi sul piano della economia
sostanziale la misura della penetrazione russa in Montenegro è
rivelata non solo dai massicci investimenti nel settore
turistico-ricettivo sulla Budvanska rivijera, ma soprattutto
dall’attività di Oleg Deripaska, magnate russo noto anche per il
legame con Putin, il quale ha acquistato, tramite società di cui è
azionista di maggioranza, le due più importanti aziende
montenegrine, ossia il cosiddetto Kap di Podgorica (Kombinat
Aluminijuma Podgorica) e la Zeljezara, fabbrica di acciaio di
Niksic. Ed è stata soprattutto l’ acquisizione del Kap a destare
interesse, dato che questa azienda copriva da sola il 70% delle
esportazioni montenegrine e generava anche un indotto di notevoli
proporzioni.
Le due operazioni a cui si è fatto
riferimento vennero perfezionate negli anni 2005-2006, e quindi nel
periodo immediatamente precedente la proclamazione dell’
indipendenza del Montenegro, avvenuta nel novembre 2006: all’epoca
tuttavia Podgorica godeva già di una sostanziale autonomia politica
all‘interno dell’Unione di Serbia e Montenegro, il soggetto
politico che nel 2003 era succeduto alla Jugoslavia. Insomma, dal
2005 fino al 2008, il legame tra Podgorica e Mosca era saldissimo,
come ai tempi di Nikola Petrovic e Nikola Romanov: l’acquisizione
dei più importanti complessi produttivi del Montenegro da parte di
un tycoon del calibro di Deripaska e soprattutto il legame tra questi
ed il presidente russo Putin non lasciavano alcun dubbio circa il
fatto che la penetrazione economica era vista con favore, se non
addirittura pianificata, dal Cremlino. In un simile quadro le
aperture del governo montenegrino all’Europa, ed in particolare le
dichiarazioni del primo ministro Milo Djukanovic di aspirare
all’ingresso nell’Unione Europea, apparivano solo opportunistiche
e poco credibili. Ma, di lì a qualche anno, l’evoluzione del
contesto socioeconomico montenegrino e della politica internazionale
del governo di Djukanovic smentivano quegli analisti che vedevano
nello stato adriatico una colonia politica ed economica di Mosca, e
rivalutavano in qualche misura le precedenti proteste di autonomia
sullo scenario europeo di Podgorica.
Sono diversi, e tra loro intimamente
connessi, gli elementi sintomatici della presa di distanza del
governo montenegrino nei confronti del gigante russo. In primis non si può negare che da
qualche anno a questa parte la politica estera del Montenegro appare,
diversamente dal passato, non appiattita sulle posizioni di Mosca,
come ha dimostrato nel 2008 il caso della proclamazione
d’indipendenza del Kosovo, che non veniva accettata dalla Russia
per non creare un precedente che poteva essere preso a paradigma
dalla Cecenia e dalle altre entità substatali o etniche con
ambizioni separatiste presenti sul proprio territorio. Ci si
aspettava che anche il Montenegro, stato di recente indipendenza e
non ancora pienamente emancipato sul piano internazionale, seguisse
la linea del suo potente partner russo e quindi non riconoscesse il
nuovo stato kosovaro. Ma Djukanovic procedette al riconoscimento del
Kosovo: la decisione non venne ovviamente accolta favorevolmente dal
Cremlino, ma venne commentata con soddisfazione dagli stati membri
dell’Unione Europea , i quali nella grande maggioranza avevano a
loro volta riconosciuto il Kosovo e temevano che lo scivolamento del
Montenegro nella sfera economica russa fosse solo il prologo del
sorgere di una sudditanza anche politica nei confronti di Mosca. E al
raffreddamento dei rapporti politici tra i due paesi si aggiungeva,
parliamo sempre dell’arco temporale 2008 -2011, anche il
peggioramento dei rapporti tra gli investitori russi ed i loro
interlocutori montenegrini. Entrambe le acquisizioni di Deripaska,
infatti, non si sono rivelate felici né per lui, né per il governo
di Podgorica, se è vero che le contestazioni reciproche hanno avuto
ripercussioni giudiziarie, ed anche alcune operazioni immobiliari che
coinvolgevano altri imprenditori russi hanno suscitato l’attenzione
della magistratura locale. A ciò si aggiunga, last but not least,
che il legame tra Deripaska e Putin, e quindi la connessione tra
economia e politica russa sul versante montenegrino, sembra essere
venuto meno, se è vero che nel giugno 2009 a Pikalevo l’ex uomo
del KGB ha umiliato pubblicamente l’oligarca, e tale presa di
distanza fa presagire che cesserà di sovvenzionarlo attraverso
generosi aiuti di stato. E senza i finanziamenti statali la presa di
Deripaska sull’economia montenegrina è fatalmente destinata a
scemare.
Al declino dell’intesa
politico-economica con la Russia e Montenegro ha fatto da
contrappeso, come accade spesso nei rapporti internazionali, la
nascita di una diversa relationship, quella tra l’Unione
Europea e la repubblica adriatica a cui è stato conferito nel
dicembre 2011 lo status di Paese candidato all’ingresso nell’Europa
allargata. L’ impegno con cui il governo montenegrino sta cercando
di adempiere gli obblighi impostigli da Bruxelles fa presagire che la
ex repubblica federata jugoslava sarà, dopo l’imminente ingresso
della Croazia, il ventinovesimo membro dell’Unione Europea. Ma la
prospettiva dell’ integrazione europea non deve fare ritenere che
l’ultrasecolare rapporto tra il Montenegro e la Russia sia
definitivamente tramontato. Al contrario, la presenza russa nel
tessuto socio economico montenegrino, sicuramente mitigata a causa
del declino di Deripaska, ma pur sempre notevole e di gran lunga
prevalente sulle altre economie straniere operanti sul territorio,
farà del paese adriatico, se e quando entrerà nell’Unione
Europea, un unicum nella grande famiglia di Bruxelles. Si
tratterrebbe infatti dell’unico stato membro il cui settore
economico subisce l’ impatto determinante di investitori estranei
alle grandi democrazie occidentali. Dunque un cavallo di Troia, o di
Mosca , all’interno dell’Unione? Difficile rispondere, visto che
dalla fine della guerra fredda gli scenari della geopolitica sono in
continua evoluzione. L’unica certezza è che sui rapporti
russo-montenegrini inciderà la variabile europea.Partita a tre, dunque,
Mosca-Podgorica-Bruxelles, l’esito è tutto da scoprire.
Riccardo De Mutiis è esperto di relazioni
internazionali, in particolare sotto il profilo giuridico, e
analista della realtà balcanica. Ha partecipato a varie missioni
patrocinate da istituzioni internazionali.
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