La scorsa settimana, il quotidiano
Press ha scritto che il presidente serbo Tomislav Nikolic potrebbe
guidare in prima persona i negoziati con il Kosovo che dovrebbero
riprendere dopo pausa estiva. Il giornale citava fonti della
presidenza secondo le quali "Nikolic non si sottrarrà alla
responsabilità". Secondo quanto riportava Press il capo dello
stato sarebbe "pronto a parlare con i rappresentanti delle
autorità temporanee in Kosovo, ma la precondizione è di raggiungere
prima il consenso degli attori rilevanti in Serbia, i
partiti parlamentari, la società civile e i rappresentati della
Chiesa serbo ortodossa (Sps) e dei serbi del Kosovo".
Nell'opinione della nuova leadership di Belgrado, il dialogo con Pristina, condotto con la
mediazione dell'Unione Europea e finora ristretto a questioni "tecniche", dovrebbe essere elevato ad un livello "politico"
con il coinvolgimento anche delle Nazioni Unite. Il progetto serbo,
che ha già incassato l'appoggio della Russia, richiederebbe il
coinvolgimento diretto delle più alte autorità statali, come
appunto il presidente della repubblica.
Portare il dialogo ad un livello
politico e coinvolgere direttamente l'Onu, significa infatti porre
sul tavolo la questione più spinosa, finora esclusa delle trattative
per espresso accordo tra le parti: ovvero quella dello status
politico del Nord del Kosovo, in cui la maggioranza serba è rimasta
fedele a Belgrado e si rifiuta di accettare l'indipendenza dichiarata
dagli albanesi nel 2008 e l'autorità di Pristina. Secondo le fonti
citate da Press, il piano serbo sarebbe quello di "lasciare che il
presidente [Nikolic] si occupi direttamente del Kosovo, mentre il
primo ministro [Dacic] sarà più concentrato sulle questioni
dell'euro-integrazione e sulla soluzione dei problemi economici e
locali". Anche perché difficilmente le autorità di Pristina
potrebbero accettare di trattare con il neo premier serbo Ivica Dacic che tutti
in Kosovo ricordano come il giovane politico cresciuto al fianco di
Slobodan Milosevic.
Nataša Kandić, storica e autorevole
esponente del movimento di difesa dei diritti umani in Serbia e
grande oppositrice del regime di Milošević, in una recente
intervista a Monitor Online parla della situazione in Serbia dopo le
recenti elezioni politiche e presidenziali e afferma tra l'altro la
necessità di ricordare instancabilmente al presidente Nikolić quali
sono le aspettative e i suoi obblighi al fine di una vera
riconciliazione nella regione. "Per i serbi che vivono in Kosovo,
dice ad un certo punto Natasa Kandic, la Serbia deve avere buoni
rapporti con le istituzioni kosovare ... Il nuovo presidente della
Serbia ha annunciato un cambiamento delle relazioni. Ha detto di
volere un incontro formale con la presidente del Kosovo. Questo sarà
un grande evento, sia per i serbi che per gli albanesi. Se ci saranno
buoni rapporti, il riconoscimento del Kosovo si potrebbe mettere
anche in un contesto positivo al fine di una vita migliore per i
serbi".
Qui di seguito l'intervista di Monitor
a Natasa Kandic.
La traduzione
per Passaggio a Sud Est e dì Marina Szikora.
Nikolić potrebbe riconoscere il Kosovo
di Nastasja Radovic
MONITOR: Da anni Lei ha „monitorato“
la collaborazione delle autorita’ jugoslave e serbe con il
Tribunale dell’Aja. Come valuta i risultati dell’ultimo governo
guidato dal Partito Democratico, durante il quale sono stati
estradati al carcere dell’Aja Radovan Karadžić i Ratko Mladić?
Poteva accadere anche prima e perche’ non e’ accaduto?
KANDIĆ: Entrambi sono sotto processo e
questo per le vittime e per ostacolare nuovi crimini e’ importante.
Sinceramente, nessun governo in Serbia non ha guardato agli imputati
serbi come a delle persone non grate sul proprio territorio. Le
istituzioni statali gli avevano protetti in diversi modi. Mladić e’
stato protetto dall’esercito jugoslavo, poi dall’esercito della
Serbia, poi ancora dagli ufficiali leali, infine dai famigliari a
conoscenza e con l’aiuto dei piu’ alti rappresentanti delle
istituzioni statali. Karadžić teneva lezioni pubbliche, svolgeva la
sua professione, frequentava i caffe’ – tutto questo non sarebbe
stato possibile senza la conoscenza e la protezione di quei
rappresentanti delle istituzioni statali che avevano deciso proprio
sulla lunghezza della sua liberta’ e del momento della sua
estradizione al Tribunale dell’Aja. Sono certa che sono pochi
quelli che avevano creduto alle istituzioni della Serbia che Karadžić
e Mladić sono stati scoperti casualmente e che sono stati molto
efficaci nella latitanza. Tutte le autorita’ della Serbia hanno lo
stesso rapporto verso l’ICTY: nessuno mai aveva parlato
pubblicamente di crimini di cui gli imputati vengono accusati e
quando sotto forte pressione arrestavano gli imputati, lo
presentavano come una cosa tecnica, che non ha nulla a che fare con
il genocidio e con altri gravi crimini di guerra.
MONITOR: Che ne pensa della richiesta
del procuratore Serge Brammertz di indagare sui retroscena degli
aiutanti degli imputati dell’Aja?
KANDIĆ: La questione degli aiutanti e’
una questione di responsabilita’ delle istituzioni statali. Per
questo Brammertz ci insiste, ma le indagini non porteranno da nessuna
parte. Alla fine risultera’ che Mladić e Karadžić erano molto
abili a nascondersi e che sempre riuscivano a sfuggire ai servizi
segreti.
MONITOR: Le famiglie delle vittime dei
crimini di Lovas sono insoddisfatte con le sentenze misurate per
questo crimine mentre la procura serba ne e’ soddisfatta. Lei ha
rappresentato le famiglie delle vittime di crimini di guerra. Come
vivono loro oggi le loro perdite, cosa si aspettano dalla giustizia?
KANDIĆ: Il processo per i crimini di
guerra a Lovas, in Croazia, e’ uno dei rari processi in cui le
famiglie delle vittime e il potere locale di Lovas ne hanno una
opinione buona. Il processo e’ stato condotto dal giudice Olivera
Anđelković che non aveva fatto nessuno sbaglio, il che i famigliari
delle vittime hanno apprezzato molto. Il processo e’ durato 4 anni
e in questo tempo le famiglie delle vittime che avevano seguito il
processo hanno imparato a seguire il lavoro dei giudici e dei
procuratori. Durante la lettura della sentenza, circa 40 membri delle
famiglie e le autorita’ di Lovas volevano con applauso manifestare
il loro sostegno al giudice – qualcuno ha applaudito, poi si e’
fermato e nessuno osava applaudire perche’ non sapeva se cio’ era
lecito in aula. Nessuno mai aveva espresso parole cosi’ pesanti per
conti degli ufficiali dell’esercito jugoslavo (JNA) come,
giustamente, lo aveva fatto il giudice Anđelković. Lei ha
qualificato le loro testimonianze in aula come vergognose. Non si e’
risparmiata nemmeno le parole relative alla Procura, ricordando che
in veste di testimoni si sono presentati molti ufficiali e volontari
che meritano il loro posto sul banco degli imputati. Ha detto
chiaramente che l’atto di accusa e’ selettivo, che la Procura
aveva protetto gli alti ufficiali. E’ normale che i famigliari
hanno critiche per quanto riguarda l’altezza delle singole pene
carcerarie. Nemmeno quella piu’ alta, a 20 anni, cosi’ come
previsto dalla legge, non e’ giusta.
MONITOR: Aveva un grande conflitto con
Tomislav Nikolić per quanto riguarda gli indizi che lui partecipo’
nei crimini di guerra. Nikolić per questo le ha fatto causa. Lo
separate dalla sua attuale agenda politica?
KANDIĆ: Nikolić non e’ la mia
scelta politica, ma e’ un fatto che tutti dobbiamo rispettare, ha
vinto le elezioni regolari. All’inizio della campagna elettorale,
quando i media governativi avevano condotto la campagna per Boris
Tadić, alla domanda dei giornalisti che ne penso di Nikolić, avevo
detto che Nikolić e’ diventato accettabile per l’Ue e che non e’
piu’ un politico sconveniente. Oltre al fatto che io Nikolić
personalmente non l’avrei votato, sinceramente, non avrei votato
nemmeno Tadić. E’ una grande delusione. Ha firmato con il Partito
socialista serbo la Dichiarazione sulla riconciliazione storica come
se questo partito avesse rotto con la politica di Milošević.
Durante la campagna elettorale, Ivica Dačić (lider socialista,
ndt.) arrestava gli albanesi per capriccio politico, minacciava con
il ritorno dell’esercito in Kosovo, andava a chiedere consigli al
dittatore Putin… E’ Tadić che ce l’aveva lasciato in eredita’.
MONITOR: E Nikolić?
KANDIĆ: il presidente Nikolić ha
detto ieri che non salutara’ il premier kosovaro Hashim Taci,
perche’ presumibilmente accusato di crimini contro i serbi. Al
tempo stesso dimentica il proprio passato. Il presidente del suo
partito, l’ultranazionalista Partito radicale serbo e’ imputato
per crimini contro l’umanita’. Nikolić aveva riunito migliaia di
volontari per la guerra contro la Croazia. La storia di Antin non e’
stata inventata da me. Ho detto pubblicamente che ci sono
informazioni che nel 1991 si trovo’ ad Antin quando furono uccisi
50 croati e che ci sono indizi che alcuni morirono da mano sua. Mi
sono riferita alle informazioni che avevo ottenuto dall’eminente
deputato del Parlamento della Serbia e uno dei stretti collaboratori
di Zoran Đinđić nonche’ dal testimone che nell’ufficio del
Fondo del diritto umanitario, e successivamente presso il procuratore
per i crimini di guerra, Vladimir Vukčević, aveva raccontato di
essere stato ad Antin quando arrivo’ Tomislav Nikolić con i
volontari, nell’ottobre 1991. Affermava che durante la cena i
radicali chiedevano a Nikolić di mostrare il suo rapporto verso i
croati, e lo avevano mandato alla vicina casa croata da dove, di
seguito, si sentirono gli spari. Secondo questo testimone, Nikolić
fu accolto con congratulazioni. Il giorno dopo, sempre secondo queste
testimonianze, dalla casa furono tirati fuori i corpi di due coniugi
anziani. Il testimone chiedeva per la sua testimonianza dal
procuratore Vukčević di poter essere trasferito con la sua famiglia
in un paese terzo che il procuratore, in quel momento, non poteva
garantirgli. Nikolić espose denuncia nei miei confronti per
calunnia. Il processo si svolse davanti al Quinto tribunale comunale
di Zemun. La corte chiamo’ il testimone ma non accetto’ la mia
proposta di essere ascoltato come testimone da parte del procuratore
per crimini di guerra. Il testimone si presento’ in camicia da
carcerato. Affermava di non avermi mai visto. Era una situazione
strana. In aula c’erano il testimone, T. Nikolić, il suo
rappresentante, io, senza difesa. Il testimone era evidentemente
preparato. Il Tribunale comunale prese la decisone che il mio era un
delitto per calunnia. Il Tribunale di Belgrado annullo’ la
sentenza, riavvio’ il processo ma nel frattempo il caso e’ andato
in prescrizione.
MONITOR: Questa storia e’ finita?
KANDIĆ: Il presidente della Serbia
deve chiarire la sua relazione con Antin. I media in Croazia per
giorni, dopo la sua elezione, avevano scritto delle vittime di Antin
e il suo coinvolgimento. Dall’altra parte, non bisogna dimenticare
che il portavoce del Ministero degli interni croato nel 2005,
all’epoca della storia pubblica relativa ad Antin, aveva detto che
il Ministero degli interni non ha i dati relativi al coinvolgimento
di Nikolić nelle uccisioni ad Antin. Ma il fatto e’ che nel 1991
il Ministero degli interni della Croazia non aveva il controllo sul
territorio di Antin e che non ci sono sopravvissuti che potrebbero
essere testimoni di qualsiasi uccisione ad Antin. Cio’ significa
che le prove dei crimini non si trovano in Croazia bensi’ in
Serbia.
In questo senso il presidente della
Serbia potrebbe aiutare, potrebbe ordinare agli organi statali di
compiere indagini ed identificare i perpetratori dei crimini. Se
fara’ cosi’, si guadagnera’ la fiducia e il rispetto
dell’opinione pubblica in Croazia ma anche nell’intera regione.
Per quanto mi riguarda, io accetto un Tribunale indipendente e non
politico. Il presidente Nikolić ha detto dopo le
elezioni che le posizione che aveva sostenuto nel passato non lo
obbligano piu’, che e’ importante quello che dice oggi come capo
dello stato. Io vorrei che lui rompesse pubblicamente con le sue
attivita’ politiche durante le guerre. Visto che ha iniziato in
modo tollerante come presidente della Serbia, direi che lo potrebbe
fare.
MONITOR: In Serbia sono arrivate
delegazioni diplomatiche di Hillary Clinton e si afferma che
l’obiettivo non e’ quello di influire sulla formazione del nuovo
governo bensi’ sulla politica relativa al Kosovo. Come vede Lei la
prospettiva delle relazioni tra Serbia e Kosovo?
KANDIĆ: Per i serbi che vivono in
Kosovo, la Serbia deve avere buoni rapporti con le istituzioni
kosovare. Sono stati persi anni a nome della difesa del principio
territoriale che aveva portato la Serbia alla decisione
internazionale del bombardamento. Il nuovo presidente della Serbia ha
annunciato un cambiamento delle relazioni. Ha detto di volere un
incontro formale con la presidente del Kosovo. Questo sara’ un
grande evento, sia per i serbi che per gli albanesi. Se ci saranno
buoni rapporti, il riconoscimento del Kosovo si potrebbe mettere
anche in un contesto positivo – „a fin di una vita migliore per i
serbi“.
MONITOR: Da Tadić ha ottenuto il
sostegno per l’iniziativa REKOM. Lei ha delle aspettative
nell’ambito di questa iniziativa anche dal nuovo governo in Serbia
i cui rappresentanti erano „parte del problema“ degli anni 90?
KANDIĆ: Ho paura che quando si tratta
di Dačić, lui ha giocato troppo imitando „Slobo“ e che da lui
non possiamo aspettarci un riesame critico della politica di
Milošević. Nikolić puo’ giocare un rulo importante
nell’affrontare il pasato, proprio come qualcuno che aveva
contribuito all’euforia nazionale che si era trasformata nel male
verso gli altri.
Credo profondamente nella necessita’
di fondare una Commissione regionale che si occuperebbe di vittime e
crimini di guerra, nominando tutte le vittime e quindi chiedero’
sostegno anche al nuovo presidente della Serbia. Personalmente, mi
aspettavo di piu’ da Boris Tadić, nel senso di un maggiore
sostegno, ma lui non e’ nemmeno venuto alla presentazione del primo
libro sulla memoria del Kosovo, dedicato a tutte le vittime. Questo
libro e’ finora il piu’ grande argomento del perche’ abbiamo
bisogno di REKOM.
MONITOR: Come ha vissuto gli attacchi
all’iniziativa „il voto con le schede bianche“?
KANDIĆ: L’attacco alle „schede
bianche“ si e’ trasformato in un attacco contro gli intelettuali
„disobbedienti“. Subito dopo la proclamazione della sconfitta
elettorale di Boris Tadić ci sono state gravi accuse nei confronti
di Vesna Pešić – risultava colpevole per la sconfitta di Tadić e
le imputano di aver reso possibile la vittoria di Nikolić. E’
ridicolo perche’ lei aveva solo posto la questione del risultato
del governamento di Boris Tadić. Il nostro problema e’ che non si
parla di risultati e lei proprio su questo ha avuto un forte appoggio
civile. E’ importante per il nuovo presidente sapere che dovra’
presentare pubblicamente i conti relativi ai risultati.
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