mercoledì 8 agosto 2012

KANDIC: RICORDARE A NIKOLIC LE SUE GRANDI RESPOSABILITA' PER LA RICONCILIAZIONE

La scorsa settimana, il quotidiano Press ha scritto che il presidente serbo Tomislav Nikolic potrebbe guidare in prima persona i negoziati con il Kosovo che dovrebbero riprendere dopo pausa estiva. Il giornale citava fonti della presidenza secondo le quali "Nikolic non si sottrarrà alla responsabilità". Secondo quanto riportava Press il capo dello stato sarebbe "pronto a parlare con i rappresentanti delle autorità temporanee in Kosovo, ma la precondizione è di raggiungere prima il consenso degli attori rilevanti in Serbia, i partiti parlamentari, la società civile e i rappresentati della Chiesa serbo ortodossa (Sps) e dei serbi del Kosovo". Nell'opinione della nuova leadership di Belgrado, il dialogo con Pristina, condotto con la mediazione dell'Unione Europea e finora ristretto a questioni "tecniche", dovrebbe essere elevato ad un livello "politico" con il coinvolgimento anche delle Nazioni Unite. Il progetto serbo, che ha già incassato l'appoggio della Russia, richiederebbe il coinvolgimento diretto delle più alte autorità statali, come appunto il presidente della repubblica.

Portare il dialogo ad un livello politico e coinvolgere direttamente l'Onu, significa infatti porre sul tavolo la questione più spinosa, finora esclusa delle trattative per espresso accordo tra le parti: ovvero quella dello status politico del Nord del Kosovo, in cui la maggioranza serba è rimasta fedele a Belgrado e si rifiuta di accettare l'indipendenza dichiarata dagli albanesi nel 2008 e l'autorità di Pristina. Secondo le fonti citate da Press, il piano serbo sarebbe quello di "lasciare che il presidente [Nikolic] si occupi direttamente del Kosovo, mentre il primo ministro [Dacic] sarà più concentrato sulle questioni dell'euro-integrazione e sulla soluzione dei problemi economici e locali". Anche perché difficilmente le autorità di Pristina potrebbero accettare di trattare con il neo premier serbo Ivica Dacic che tutti in Kosovo ricordano come il giovane politico cresciuto al fianco di Slobodan Milosevic.

Nataša Kandić, storica e autorevole esponente del movimento di difesa dei diritti umani in Serbia e grande oppositrice del regime di Milošević, in una recente intervista a Monitor Online parla della situazione in Serbia dopo le recenti elezioni politiche e presidenziali e afferma tra l'altro la necessità di ricordare instancabilmente al presidente Nikolić quali sono le aspettative e i suoi obblighi al fine di una vera riconciliazione nella regione. "Per i serbi che vivono in Kosovo, dice ad un certo punto Natasa Kandic, la Serbia deve avere buoni rapporti con le istituzioni kosovare ... Il nuovo presidente della Serbia ha annunciato un cambiamento delle relazioni. Ha detto di volere un incontro formale con la presidente del Kosovo. Questo sarà un grande evento, sia per i serbi che per gli albanesi. Se ci saranno buoni rapporti, il riconoscimento del Kosovo si potrebbe mettere anche in un contesto positivo al fine di una vita migliore per i serbi".

Qui di seguito l'intervista di Monitor a Natasa Kandic. 
La traduzione per Passaggio a Sud Est e dì Marina Szikora.


Nikolić potrebbe riconoscere il Kosovo 
di Nastasja Radovic

MONITOR: Da anni Lei ha „monitorato“ la collaborazione delle autorita’ jugoslave e serbe con il Tribunale dell’Aja. Come valuta i risultati dell’ultimo governo guidato dal Partito Democratico, durante il quale sono stati estradati al carcere dell’Aja Radovan Karadžić i Ratko Mladić? Poteva accadere anche prima e perche’ non e’ accaduto?

KANDIĆ: Entrambi sono sotto processo e questo per le vittime e per ostacolare nuovi crimini e’ importante. Sinceramente, nessun governo in Serbia non ha guardato agli imputati serbi come a delle persone non grate sul proprio territorio. Le istituzioni statali gli avevano protetti in diversi modi. Mladić e’ stato protetto dall’esercito jugoslavo, poi dall’esercito della Serbia, poi ancora dagli ufficiali leali, infine dai famigliari a conoscenza e con l’aiuto dei piu’ alti rappresentanti delle istituzioni statali. Karadžić teneva lezioni pubbliche, svolgeva la sua professione, frequentava i caffe’ – tutto questo non sarebbe stato possibile senza la conoscenza e la protezione di quei rappresentanti delle istituzioni statali che avevano deciso proprio sulla lunghezza della sua liberta’ e del momento della sua estradizione al Tribunale dell’Aja. Sono certa che sono pochi quelli che avevano creduto alle istituzioni della Serbia che Karadžić e Mladić sono stati scoperti casualmente e che sono stati molto efficaci nella latitanza. Tutte le autorita’ della Serbia hanno lo stesso rapporto verso l’ICTY: nessuno mai aveva parlato pubblicamente di crimini di cui gli imputati vengono accusati e quando sotto forte pressione arrestavano gli imputati, lo presentavano come una cosa tecnica, che non ha nulla a che fare con il genocidio e con altri gravi crimini di guerra.

MONITOR: Che ne pensa della richiesta del procuratore Serge Brammertz di indagare sui retroscena degli aiutanti degli imputati dell’Aja?

KANDIĆ: La questione degli aiutanti e’ una questione di responsabilita’ delle istituzioni statali. Per questo Brammertz ci insiste, ma le indagini non porteranno da nessuna parte. Alla fine risultera’ che Mladić e Karadžić erano molto abili a nascondersi e che sempre riuscivano a sfuggire ai servizi segreti.

MONITOR: Le famiglie delle vittime dei crimini di Lovas sono insoddisfatte con le sentenze misurate per questo crimine mentre la procura serba ne e’ soddisfatta. Lei ha rappresentato le famiglie delle vittime di crimini di guerra. Come vivono loro oggi le loro perdite, cosa si aspettano dalla giustizia?

KANDIĆ: Il processo per i crimini di guerra a Lovas, in Croazia, e’ uno dei rari processi in cui le famiglie delle vittime e il potere locale di Lovas ne hanno una opinione buona. Il processo e’ stato condotto dal giudice Olivera Anđelković che non aveva fatto nessuno sbaglio, il che i famigliari delle vittime hanno apprezzato molto. Il processo e’ durato 4 anni e in questo tempo le famiglie delle vittime che avevano seguito il processo hanno imparato a seguire il lavoro dei giudici e dei procuratori. Durante la lettura della sentenza, circa 40 membri delle famiglie e le autorita’ di Lovas volevano con applauso manifestare il loro sostegno al giudice – qualcuno ha applaudito, poi si e’ fermato e nessuno osava applaudire perche’ non sapeva se cio’ era lecito in aula. Nessuno mai aveva espresso parole cosi’ pesanti per conti degli ufficiali dell’esercito jugoslavo (JNA) come, giustamente, lo aveva fatto il giudice Anđelković. Lei ha qualificato le loro testimonianze in aula come vergognose. Non si e’ risparmiata nemmeno le parole relative alla Procura, ricordando che in veste di testimoni si sono presentati molti ufficiali e volontari che meritano il loro posto sul banco degli imputati. Ha detto chiaramente che l’atto di accusa e’ selettivo, che la Procura aveva protetto gli alti ufficiali. E’ normale che i famigliari hanno critiche per quanto riguarda l’altezza delle singole pene carcerarie. Nemmeno quella piu’ alta, a 20 anni, cosi’ come previsto dalla legge, non e’ giusta. 

MONITOR: Aveva un grande conflitto con Tomislav Nikolić per quanto riguarda gli indizi che lui partecipo’ nei crimini di guerra. Nikolić per questo le ha fatto causa. Lo separate dalla sua attuale agenda politica?

KANDIĆ: Nikolić non e’ la mia scelta politica, ma e’ un fatto che tutti dobbiamo rispettare, ha vinto le elezioni regolari. All’inizio della campagna elettorale, quando i media governativi avevano condotto la campagna per Boris Tadić, alla domanda dei giornalisti che ne penso di Nikolić, avevo detto che Nikolić e’ diventato accettabile per l’Ue e che non e’ piu’ un politico sconveniente. Oltre al fatto che io Nikolić personalmente non l’avrei votato, sinceramente, non avrei votato nemmeno Tadić. E’ una grande delusione. Ha firmato con il Partito socialista serbo la Dichiarazione sulla riconciliazione storica come se questo partito avesse rotto con la politica di Milošević. Durante la campagna elettorale, Ivica Dačić (lider socialista, ndt.) arrestava gli albanesi per capriccio politico, minacciava con il ritorno dell’esercito in Kosovo, andava a chiedere consigli al dittatore Putin… E’ Tadić che ce l’aveva lasciato in eredita’.

MONITOR: E Nikolić? 

KANDIĆ: il presidente Nikolić ha detto ieri che non salutara’ il premier kosovaro Hashim Taci, perche’ presumibilmente accusato di crimini contro i serbi. Al tempo stesso dimentica il proprio passato. Il presidente del suo partito, l’ultranazionalista Partito radicale serbo e’ imputato per crimini contro l’umanita’. Nikolić aveva riunito migliaia di volontari per la guerra contro la Croazia. La storia di Antin non e’ stata inventata da me. Ho detto pubblicamente che ci sono informazioni che nel 1991 si trovo’ ad Antin quando furono uccisi 50 croati e che ci sono indizi che alcuni morirono da mano sua. Mi sono riferita alle informazioni che avevo ottenuto dall’eminente deputato del Parlamento della Serbia e uno dei stretti collaboratori di Zoran Đinđić nonche’ dal testimone che nell’ufficio del Fondo del diritto umanitario, e successivamente presso il procuratore per i crimini di guerra, Vladimir Vukčević, aveva raccontato di essere stato ad Antin quando arrivo’ Tomislav Nikolić con i volontari, nell’ottobre 1991. Affermava che durante la cena i radicali chiedevano a Nikolić di mostrare il suo rapporto verso i croati, e lo avevano mandato alla vicina casa croata da dove, di seguito, si sentirono gli spari. Secondo questo testimone, Nikolić fu accolto con congratulazioni. Il giorno dopo, sempre secondo queste testimonianze, dalla casa furono tirati fuori i corpi di due coniugi anziani. Il testimone chiedeva per la sua testimonianza dal procuratore Vukčević di poter essere trasferito con la sua famiglia in un paese terzo che il procuratore, in quel momento, non poteva garantirgli. Nikolić espose denuncia nei miei confronti per calunnia. Il processo si svolse davanti al Quinto tribunale comunale di Zemun. La corte chiamo’ il testimone ma non accetto’ la mia proposta di essere ascoltato come testimone da parte del procuratore per crimini di guerra. Il testimone si presento’ in camicia da carcerato. Affermava di non avermi mai visto. Era una situazione strana. In aula c’erano il testimone, T. Nikolić, il suo rappresentante, io, senza difesa. Il testimone era evidentemente preparato. Il Tribunale comunale prese la decisone che il mio era un delitto per calunnia. Il Tribunale di Belgrado annullo’ la sentenza, riavvio’ il processo ma nel frattempo il caso e’ andato in prescrizione.

MONITOR: Questa storia e’ finita? 

KANDIĆ: Il presidente della Serbia deve chiarire la sua relazione con Antin. I media in Croazia per giorni, dopo la sua elezione, avevano scritto delle vittime di Antin e il suo coinvolgimento. Dall’altra parte, non bisogna dimenticare che il portavoce del Ministero degli interni croato nel 2005, all’epoca della storia pubblica relativa ad Antin, aveva detto che il Ministero degli interni non ha i dati relativi al coinvolgimento di Nikolić nelle uccisioni ad Antin. Ma il fatto e’ che nel 1991 il Ministero degli interni della Croazia non aveva il controllo sul territorio di Antin e che non ci sono sopravvissuti che potrebbero essere testimoni di qualsiasi uccisione ad Antin. Cio’ significa che le prove dei crimini non si trovano in Croazia bensi’ in Serbia.
In questo senso il presidente della Serbia potrebbe aiutare, potrebbe ordinare agli organi statali di compiere indagini ed identificare i perpetratori dei crimini. Se fara’ cosi’, si guadagnera’ la fiducia e il rispetto dell’opinione pubblica in Croazia ma anche nell’intera regione. Per quanto mi riguarda, io accetto un Tribunale indipendente e non politico. Il presidente Nikolić ha detto dopo le elezioni che le posizione che aveva sostenuto nel passato non lo obbligano piu’, che e’ importante quello che dice oggi come capo dello stato. Io vorrei che lui rompesse pubblicamente con le sue attivita’ politiche durante le guerre. Visto che ha iniziato in modo tollerante come presidente della Serbia, direi che lo potrebbe fare.

MONITOR: In Serbia sono arrivate delegazioni diplomatiche di Hillary Clinton e si afferma che l’obiettivo non e’ quello di influire sulla formazione del nuovo governo bensi’ sulla politica relativa al Kosovo. Come vede Lei la prospettiva delle relazioni tra Serbia e Kosovo? 

KANDIĆ: Per i serbi che vivono in Kosovo, la Serbia deve avere buoni rapporti con le istituzioni kosovare. Sono stati persi anni a nome della difesa del principio territoriale che aveva portato la Serbia alla decisione internazionale del bombardamento. Il nuovo presidente della Serbia ha annunciato un cambiamento delle relazioni. Ha detto di volere un incontro formale con la presidente del Kosovo. Questo sara’ un grande evento, sia per i serbi che per gli albanesi. Se ci saranno buoni rapporti, il riconoscimento del Kosovo si potrebbe mettere anche in un contesto positivo – „a fin di una vita migliore per i serbi“.

MONITOR: Da Tadić ha ottenuto il sostegno per l’iniziativa REKOM. Lei ha delle aspettative nell’ambito di questa iniziativa anche dal nuovo governo in Serbia i cui rappresentanti erano „parte del problema“ degli anni 90? 

KANDIĆ: Ho paura che quando si tratta di Dačić, lui ha giocato troppo imitando „Slobo“ e che da lui non possiamo aspettarci un riesame critico della politica di Milošević. Nikolić puo’ giocare un rulo importante nell’affrontare il pasato, proprio come qualcuno che aveva contribuito all’euforia nazionale che si era trasformata nel male verso gli altri.
Credo profondamente nella necessita’ di fondare una Commissione regionale che si occuperebbe di vittime e crimini di guerra, nominando tutte le vittime e quindi chiedero’ sostegno anche al nuovo presidente della Serbia. Personalmente, mi aspettavo di piu’ da Boris Tadić, nel senso di un maggiore sostegno, ma lui non e’ nemmeno venuto alla presentazione del primo libro sulla memoria del Kosovo, dedicato a tutte le vittime. Questo libro e’ finora il piu’ grande argomento del perche’ abbiamo bisogno di REKOM.

MONITOR: Come ha vissuto gli attacchi all’iniziativa „il voto con le schede bianche“? 

KANDIĆ: L’attacco alle „schede bianche“ si e’ trasformato in un attacco contro gli intelettuali „disobbedienti“. Subito dopo la proclamazione della sconfitta elettorale di Boris Tadić ci sono state gravi accuse nei confronti di Vesna Pešić – risultava colpevole per la sconfitta di Tadić e le imputano di aver reso possibile la vittoria di Nikolić. E’ ridicolo perche’ lei aveva solo posto la questione del risultato del governamento di Boris Tadić. Il nostro problema e’ che non si parla di risultati e lei proprio su questo ha avuto un forte appoggio civile. E’ importante per il nuovo presidente sapere che dovra’ presentare pubblicamente i conti relativi ai risultati.

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