Sono passati più di dieci anni dalla
fine delle guerre balcaniche degli anni '90, ma "oltre 14.000
persone mancano all'appello nei paesi dell'ex Jugoslavia, quasi la
metà del totale degli scomparsi". Lo denuncia Amnesty International in un rapporto diffuso alla vigilia della
Giornata internazionale degli scomparsi, che si celebra ogni anno il
30 agosto. In dieci anni, tra il 1991 e il 2001, "34.700 persone
scomparvero nei Balcani dopo essere state arrestate o catturate e la
maggior parte delle loro famiglie aspetta ancora giustizia",
dice Jezerca Tigani, vicedirettore del Programma Europa e Asia
centrale dell'organizzazione umanitaria, e punta il dito contro i
governi di Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia
e Kosovo per "la costante mancanza di volontà politica" di
chiudere questo doloroso capitolo. Qui di seguito il comunicato
ufficiale.
Giornata internazionale per gli
scomparsi.
Migliaia di persone mancano all'appello
dalle guerre dei Balcani
(Nesrete Kummova, il cui figlio
dovrebbe essere stato trasportato dal Kosovo in Serbia e lì
sepolto, nella guerra del 1999)
Oltre 14.000 persone mancano
all'appello nei paesi dell'ex Jugoslavia, quasi la metà del totale
degli scomparsi del decennio di guerre iniziato nel 1991. Lo denuncia
un rapporto di Amnesty International, diffuso alla vigilia della
Giornata internazionale degli scomparsi, che si celebra ogni anno il
30 agosto.
Tra il 1991 e il 2001, 34.700 persone
scomparvero nei Balcani dopo essere state arrestate o catturate. La
maggior parte delle loro famiglie aspetta ancora giustizia.
"Per loro, il capitolo delle
sparizioni forzate non è chiuso e rimane una fonte quotidiana di
dolore. Attendono ancora di conoscere il destino dei loro cari,
continuano a cercare verità, giustizia e riparazione" - ha
dichiarato Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia
centrale di Amnesty International.
"Le vittime delle sparizioni
forzate nei paesi dell'ex Jugoslavia appartengono a tutti i gruppi
etnici. Sono civili e soldati, donne e uomini, bambine e bambini. Le
loro famiglie hanno il diritto di sapere la verità sulle circostanze
della loro scomparsa, sul loro destino e sullo svolgimento e l'esito
delle indagini. Per loro, il primo passo verso la giustizia è
vedersi restituiti i corpi dei loro cari per la sepoltura. I governi
devono assicurare che le vittime e le loro famiglie abbiano accesso
alla giustizia e ricevano, senza ulteriori ritardi, un'adeguata e
concreta riparazione per il danno che hanno subito" - ha
aggiunto Tigani.
Il rapporto di Amnesty International
descrive casi di sparizione forzata in Croazia, Bosnia ed Erzegovina,
ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia e Kossovo.
Tutti e sei i governi di questi paesi sono venuti meno all'obbligo
legale internazionale di indagare e punire questi reati.
Alcuni responsabili, sottolinea Amnesty
International, sono stati sottoposti alla giustizia del Tribunale
penale internazionale per l'ex Jugoslavia, il cui mandato è però
prossimo alla fine. I tribunali nazionali agiscono con lentezza.
"L'assenza di indagini e processi
per le sparizioni forzate e i rapimenti resta un problema grave in
tutti i Balcani. Il principale ostacolo al contrasto dell'impunità e
alla consegna degli autori alla giustizia è la costante mancanza di
volontà politica in tutti e sei i paesi" - ha affermato Tigani.
Delle 6406 persone scomparse nella
guerra del 1991-1995 in Croazia, è stato possibile stabilire la
sorte di 4084 di esse. Oltre 2300, 1735 delle quali di passaporto
croato, risultano ancora scomparse. Nell'ultimo biennio è stata
chiarita la situazione di soli 215 scomparsi. Oltre 900 resti umani
devono essere ancora identificati.
Su una popolazione di tre milioni e
400mila abitanti, alla fine del conflitto della Bosnia ed Erzegovina
erano scomparse 30.000 persone. La sorte di almeno 10.500 di loro, in
larga parte musulmani bosniaci, resta sconosciuta. Le famiglie di
oltre 7000 persone, deliberatamente e arbitrariamente uccise nel
genocidio di Srebrenica del 1995, sono ancora in attesa di giustizia
e riparazione. Molti dei presunti responsabili vivono fianco a fianco
con le loro vittime e i familiari di queste ultime.
Per un decennio, dalla fine del
conflitto del 2001 tra le forze di sicurezza macedoni e l'Esercito
albanese di liberazione nazionale, le autorità non hanno indagato in
modo efficace sulle sparizioni forzate. Resta un mistero il destino
di almeno sei albanesi arrestati dalla polizia alle dipendenze del
ministero dell'Interno macedone. I familiari degli scomparsi hanno
fatto ricorso contro una legge del parlamento macedone del 2011 che,
estendendo le norme della legge d'amnistia del 2002, ha posto fine
alle indagini su quattro casi di crimini di guerra trasmessi dal
Tribunale penale per l'ex Jugoslavia. Tra questi, la sparizione di 12
macedoni e un bulgaro, presumibilmente ad opera dell'Esercito
albanese di liberazione nazionale.
Nel maggio 1992, 83 civili bosniaci in
fuga dal conflitto della Bosnia ed Erzegovina, vennero arrestati in
Montenegro e respinti alla frontiera per essere poi consegnati alle
forze serbo bosniache. Si ritiene che 21 di loro siano stati uccisi
in un campo di prigionia della Republika Srpska. La sorte di almeno
altri 34 detenuti rimane sconosciuta. Nel marzo 2011, nove ex
pubblici ufficiali sono stati prosciolti dall'accusa di crimini di
guerra per la sparizione forzata dei profughi bosniaci, sul
presupposto che nel 1992 non c'era alcun conflitto armato in
Montenegro. Il verdetto è stato annullato in appello quest'anno e il
processo è stato riaperto.
Durante la guerra del Kossovo del
1998-99 e nel periodo immediatamente successivo, si registrarono 3600
scomparsi, oltre 3000 dei quali albanesi vittime di sparizione
forzata ad opera della polizia, dell'esercito e dei gruppi
paramilitari serbi; la restante parte degli scomparsi, appartenente
alle minoranze, soprattutto quella serba e quella rom, si presume sia
stata catturata dai gruppi armati albanesi, tra cui l'Esercito di
liberazione del Kossovo. Le famiglie di almeno 1797 scomparsi
kossovari e serbi aspettano ancora che i corpi dei loro cari siano
esumati, identificati e restituiti per la sepoltura. Anche quando ciò
avviene, pochi dei responsabili vengono portati di fronte alla
giustizia.
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