mercoledì 28 novembre 2012

AUGURI ALBANIA

Il "Paese delle aquile" festeggia oggi il centenario dell'indipendenza, ma tanti problemi restano ancora aperti in una transizione che non sembra del tutto conclusa


Oggi l'Albania celebra il primo centenario della sua indipendenza nazionale. Era infatti il 28 novembre del 1912 quando a Valona, Ismail Qemali, leader del movimento che si opponeva alla spartizione del Paese in seguito alla dissoluzione dell'Impero Ottomano, dichiarò l'indipendenza. In quell'occasione fu esposta per la prima volta la bandiera nazionale, con l'aquila bicipite nera in campo rosso. Qemali assunse la guida di un governo provvisorio che tuttavia in un primo tempo esercitò la sua autorità in una parte limitata di territorio. Il 29 luglio del 1913, tuttavia, l'autoproclamazione fu riconosciuta dalla Conferenza di Londra e il 21 febbraio 1914 fu stabilito il Principato di Albania sul cui trono le grandi potenze europee posero il principe Guglielmo di Wied, nipote della Regina Elisabetta di Romania. Poco meno di sei mesi dopo, però, il sovrano fu costretto ad abbandonare il Paese a seguito di una rivolta pan-islamica guidata da Essad Pasha, generale ottomano che al momento della proclamazione di Ismail Qemali, aveva formato un "Senato centrale albanese" a Durazzo. Al posto di Guglielmo, il Senato di Durazzo elesse principe d'Albania Mehmed Burhaneddin Efendi, figlio dell'ex sultano ottomano Abdul-Hamid II, che rimarrà in carica fino al 1919. In seguito diversi governi si succedettero tentando di sviluppare uno stato laico, indipendente e democratico.

La delimitazione dei confini lasciò alcune comunità albanesi fuori dal territorio del nuovo Stato, in Montenegro e in Serbia (che all'epoca comprendeva anche parte dell'attuale Macedonia (Fyrom). Inoltre, una rivolta dei greci nel sud del paese portò alla formazione della "Repubblica Autonoma dell'Epiro del Nord" che rimase sotto il controllo di Atene fino al 1916. Durante la prima guerra mondiale parte del territorio fu occupato da un corpo di spedizione italiano che lascerà il Paese solo nell'agosto 1920, soprattutto a causa della rivolta dei bersaglieri scoppiata il 26 giugno di quell'anno ad Ancona in seguito al rifiuto di un reggimento di soldati di partire per l'Albania. Il processo di riforma democratica e laica fu poi interrotto dal colpo di stato politico-militare guidato da Ahmet Zogu, che nel 1924 diede vita al Regno albanese autonominandosi re col nome di Zog I. Il regime monarchico durò fino al 1939 quando, nonostante gli intensi rapporti bilaterali sviluppati con l'Italia, l'Albania fu occupata dall'esercito di Mussolini, che cercava di controbilanciare l'espansionismo della Germania nazista. Zog I fu deposto, l'Albania venne annessa al Regno d'Italia e Vittorio Emanuele III assunse anche il titolo di re d'Albania.

Nel novembre del 1940, dopo il disastroso attacco italiano alla Grecia, un terzo del territorio albanese fu occupato dalle truppe di Atene. In seguito all'intervento della Germania, che nel 1941 intervenne in aiuto dell'Italia, Jugoslavia e Grecia passarono sotto il controllo delle forze italo-tedesche, mentre il Kosovo e l'Epiro del nord furono annessi all'Albania. La situazione cambiò nuovamente dopo il settembre del 1943 quando, in seguito alla firma dell'armistizio con gli angloamericani da parte del governo Badoglio, i tedeschi invasero il “Paese delle aquile”. Si formò così un movimento di resistenza promosso principalmente dal partito nazional-comunista guidato da Enver Hoxha, che riuscì a prendere il controllo del paese nel 1944. E' importante ricordare che l'Albania è stato l'unico Paese europeo dove tutti gli ebrei furono salvati dalle persecuzioni naziste e, anzi, nel corso del conflitto, il numero degli ebrei aumentò dato che molti vi emigrarono per salvarsi dalle persecuzioni razziali in corso negli altri Paesi europei. Le autorità albanesi rifiutarono di consegnare le lista degli ebrei che furono nascosti dagli abitanti e dai patrioti albanesi.

Dopo la fine del conflitto, nel 1945, le elezioni diedero la maggioranza al Fronte Democratico di ispirazione comunista. Eliminati gli avversari politici, Enver Hoxha instaurò in seguito un regime a partito unico di tipo stalinista stringendo i rapporti con l'Unione sovietica, dalla quale dipese anche economicamente fino alla all'ascesa al potere a Mosca di Nikita Kruscev. In seguito alla denuncia del regime staliniano, Hoxha si staccò dall'orbita sovietica e nel 1968 uscì anche dal Patto di Varsavia, avvicinandosi alla Cina maoista. Di breve durata furono le relazioni con la Jugoslavia di Tito con la quale Hoxha ruppe tutte le relazioni politiche a partire dal 1948. Dopo la rottura anche con Pechino, il dittatore impose una politica sempre più isolazionista che separò di fatto l'Albania dal resto dell'Europa e del mondo per molto tempo. La morte di Hoxha nel 1985 innescò la caduta del regime divenuta inevitabile, complice anche la grave situazione economica, dopo il crollo del muro di Berlino e il conseguente tramonto dei regimi comunisti dell'Europa centro e sud orientale. Le prime elezioni libere, nel 1991 sancirono formalmente la fine della dittatura comunista.

Seguirono anni difficili e turbolenti nei quali il Paese soffrì i molti problemi legati al limitatissimo sviluppo socio-economico e all'isolamento culturale dei decenni precedenti. Furono decine di migliaia gli albanesi che in quegli anni decisero di emigrare soprattutto verso l'Italia, raggiungendo via mare le coste della Puglia. Emblematica, di quel periodo, la vicenda della nave Vlora che nell'estate del 1991, giunse nel porto di Bari con a bordo ventimila persone. Da ricordare anche le vicende legate al crack delle cosiddette “piramidi finanziarie” che ridusse sul lastrico migliaia di persone e provoco una tempesta politica e sociale che condusse il Paese ad un passo dalla guerra civile in un periodo in cui i Balcani erano dilaniati dai conflitti che accompagnarono la dissoluzione della Jugoslavia. Superati i momenti più difficili della sua storia più recente, nonostante i tanti problemi che restano aperti e una transizione politica che a tratti appare non ancora conclusa, l'Albania è riuscita comunque in qualche modo a stabilizzare le sue nuove istituzioni e ad intraprendere il percorso di integrazione euro-atlantica.

Un primo, importante traguardo, è stato tagliato il 4 aprile 2009 con l'adesione alla NATO. Più complicato, invece, il processo di integrazione nell'Unione Europea, una prospettiva condivisa da tutte le forze politiche e sostenuta dall'ampia maggioranza dell'opinione pubblica. Dopo avere superato il primo step del processo di integrazione, l'Accordo di stabilizzazione e associazione, l'Albania non riesce ad ottenere ufficialmente la candidatura all'adesione, senza la quale non è possibile aprir i negoziati formali con Bruxelles. Anzi, dopo il fallimento dell'accordo tra maggioranza e opposizione sul varo, entro il 20 novembre scorso, delle tre leggi di riforma sollecitate dall'UE, che richiedevano la maggioranza qualificata dei 3/5 in Parlamento, la possibilità di acquisire lo status di Paese candidato si allontana ulteriormente. Il premier di centro-destra Sali Berisha e il leader socialista Edi Rama si accusano a vicenda di bloccare il cammino di integrazione europea per calcoli di politica interna. Nonostante le sollecitazioni internazionali (anche di Washington oltre che di Bruxelles), non sembra, dunque, superato il braccio di ferro che dalle elezioni politiche di tre anni fa oppone maggioranza e opposizione condannando il Paese allo stallo politico proprio quando avrebbe più bisogno di concordia sugli obiettivi di interesse nazionale. Una situazione che non rappresenta la migliore premessa per le elezioni parlamentari del 2013.

Anche per questo, tanti auguri Albania.



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