Il "Paese delle aquile" festeggia oggi il centenario dell'indipendenza, ma tanti problemi restano ancora aperti in una transizione che non sembra del tutto conclusa
Oggi l'Albania celebra il primo
centenario della sua indipendenza nazionale. Era infatti il 28
novembre del 1912 quando a Valona, Ismail Qemali, leader del
movimento che si opponeva alla spartizione del Paese in seguito alla
dissoluzione dell'Impero Ottomano, dichiarò l'indipendenza. In quell'occasione fu esposta per la prima volta la bandiera nazionale, con l'aquila bicipite nera in campo rosso. Qemali assunse la guida di un governo provvisorio che tuttavia in un primo tempo
esercitò la sua autorità in una parte limitata di territorio. Il 29
luglio del 1913, tuttavia, l'autoproclamazione fu riconosciuta dalla
Conferenza di Londra e il 21 febbraio 1914 fu stabilito il Principato
di Albania sul cui trono le grandi potenze europee posero il principe
Guglielmo di Wied, nipote della Regina Elisabetta di Romania. Poco
meno di sei mesi dopo, però, il sovrano fu costretto ad abbandonare
il Paese a seguito di una rivolta pan-islamica guidata da Essad
Pasha, generale ottomano che al momento della proclamazione di Ismail
Qemali, aveva formato un "Senato centrale albanese" a
Durazzo. Al posto di Guglielmo, il Senato di Durazzo elesse principe
d'Albania Mehmed Burhaneddin Efendi, figlio dell'ex sultano ottomano
Abdul-Hamid II, che rimarrà in carica fino al 1919. In seguito
diversi governi si succedettero tentando di sviluppare uno stato
laico, indipendente e democratico.
La delimitazione dei confini lasciò
alcune comunità albanesi fuori dal territorio del nuovo Stato, in
Montenegro e in Serbia (che all'epoca comprendeva anche parte
dell'attuale Macedonia (Fyrom). Inoltre, una rivolta dei greci nel
sud del paese portò alla formazione della "Repubblica Autonoma
dell'Epiro del Nord" che rimase sotto il controllo di Atene fino
al 1916. Durante la prima guerra mondiale parte del territorio fu
occupato da un corpo di spedizione italiano che lascerà il Paese
solo nell'agosto 1920, soprattutto a causa della rivolta dei
bersaglieri scoppiata il 26 giugno di quell'anno ad Ancona in seguito
al rifiuto di un reggimento di soldati di partire per l'Albania. Il
processo di riforma democratica e laica fu poi interrotto dal colpo
di stato politico-militare guidato da Ahmet Zogu, che nel 1924 diede
vita al Regno albanese autonominandosi re col nome di Zog I. Il
regime monarchico durò fino al 1939 quando, nonostante gli intensi
rapporti bilaterali sviluppati con l'Italia, l'Albania fu occupata
dall'esercito di Mussolini, che cercava di controbilanciare
l'espansionismo della Germania nazista. Zog I fu deposto, l'Albania
venne annessa al Regno d'Italia e Vittorio Emanuele III assunse anche
il titolo di re d'Albania.
Nel novembre del 1940, dopo il
disastroso attacco italiano alla Grecia, un terzo del territorio
albanese fu occupato dalle truppe di Atene. In seguito all'intervento
della Germania, che nel 1941 intervenne in aiuto dell'Italia,
Jugoslavia e Grecia passarono sotto il controllo delle forze
italo-tedesche, mentre il Kosovo e l'Epiro del nord furono annessi
all'Albania. La situazione cambiò nuovamente dopo il settembre del
1943 quando, in seguito alla firma dell'armistizio con gli
angloamericani da parte del governo Badoglio, i tedeschi invasero il
“Paese delle aquile”. Si formò così un movimento di resistenza
promosso principalmente dal partito nazional-comunista guidato da
Enver Hoxha, che riuscì a prendere il controllo del paese nel 1944.
E' importante ricordare che l'Albania è stato l'unico Paese europeo
dove tutti gli ebrei furono salvati dalle persecuzioni naziste e,
anzi, nel corso del conflitto, il numero degli ebrei aumentò dato
che molti vi emigrarono per salvarsi dalle persecuzioni razziali in
corso negli altri Paesi europei. Le autorità albanesi rifiutarono di
consegnare le lista degli ebrei che furono nascosti dagli abitanti e
dai patrioti albanesi.
Dopo la fine del conflitto, nel 1945,
le elezioni diedero la maggioranza al Fronte Democratico di
ispirazione comunista. Eliminati gli avversari politici, Enver Hoxha
instaurò in seguito un regime a partito unico di tipo stalinista
stringendo i rapporti con l'Unione sovietica, dalla quale dipese
anche economicamente fino alla all'ascesa al potere a Mosca di Nikita
Kruscev. In seguito alla denuncia del regime staliniano, Hoxha si
staccò dall'orbita sovietica e nel 1968 uscì anche dal Patto di
Varsavia, avvicinandosi alla Cina maoista. Di breve durata furono le
relazioni con la Jugoslavia di Tito con la quale Hoxha ruppe tutte le
relazioni politiche a partire dal 1948. Dopo la rottura anche con
Pechino, il dittatore impose una politica sempre più isolazionista
che separò di fatto l'Albania dal resto dell'Europa e del mondo per
molto tempo. La morte di Hoxha nel 1985 innescò la caduta del regime
divenuta inevitabile, complice anche la grave situazione economica,
dopo il crollo del muro di Berlino e il conseguente tramonto dei
regimi comunisti dell'Europa centro e sud orientale. Le prime
elezioni libere, nel 1991 sancirono formalmente la fine della
dittatura comunista.
Seguirono anni difficili e turbolenti
nei quali il Paese soffrì i molti problemi legati al limitatissimo
sviluppo socio-economico e all'isolamento culturale dei decenni
precedenti. Furono decine di migliaia gli albanesi che in quegli anni
decisero di emigrare soprattutto verso l'Italia, raggiungendo via
mare le coste della Puglia. Emblematica, di quel periodo, la vicenda
della nave Vlora che nell'estate del 1991, giunse nel porto di Bari
con a bordo ventimila persone. Da ricordare anche le vicende legate
al crack delle cosiddette “piramidi finanziarie” che ridusse sul
lastrico migliaia di persone e provoco una tempesta politica e
sociale che condusse il Paese ad un passo dalla guerra civile in un
periodo in cui i Balcani erano dilaniati dai conflitti che
accompagnarono la dissoluzione della Jugoslavia. Superati i momenti
più difficili della sua storia più recente, nonostante i tanti
problemi che restano aperti e una transizione politica che a tratti
appare non ancora conclusa, l'Albania è riuscita comunque in qualche
modo a stabilizzare le sue nuove istituzioni e ad intraprendere il
percorso di integrazione euro-atlantica.
Un primo, importante traguardo, è
stato tagliato il 4 aprile 2009 con l'adesione alla NATO. Più
complicato, invece, il processo di integrazione nell'Unione Europea,
una prospettiva condivisa da tutte le forze politiche e sostenuta
dall'ampia maggioranza dell'opinione pubblica. Dopo avere superato il
primo step del processo di integrazione, l'Accordo di stabilizzazione
e associazione, l'Albania non riesce ad ottenere ufficialmente la
candidatura all'adesione, senza la quale non è possibile aprir i
negoziati formali con Bruxelles. Anzi, dopo il fallimento
dell'accordo tra maggioranza e opposizione sul varo, entro il 20
novembre scorso, delle tre leggi di riforma sollecitate dall'UE, che
richiedevano la maggioranza qualificata dei 3/5 in Parlamento, la
possibilità di acquisire lo status di Paese candidato si allontana
ulteriormente. Il premier di centro-destra Sali Berisha e il leader
socialista Edi Rama si accusano a vicenda di bloccare il cammino di
integrazione europea per calcoli di politica interna. Nonostante le
sollecitazioni internazionali (anche di Washington oltre che di
Bruxelles), non sembra, dunque, superato il braccio di ferro che
dalle elezioni politiche di tre anni fa oppone maggioranza e
opposizione condannando il Paese allo stallo politico proprio quando
avrebbe più bisogno di concordia sugli obiettivi di interesse
nazionale. Una situazione che non rappresenta la migliore premessa
per le elezioni parlamentari del 2013.
Anche per questo, tanti auguri Albania.
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