Qui di seguito l'ampio reportage di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale sulle reazioni in Serbia dopo l'accordo per la normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina siglato a Bruxelles il 19 aprile con la mediazione dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton.
Il rapporto della Commissione europea
reso pubblico lunedi' 22 aprile indica che la Serbia ha intrapreso
passi molto importanti verso un miglioramento visibile e sostenibile
nelle relazioni con il Kosovo in base alle conclusioni del Consiglio
europeo dello scorso dicembre. Secondo l'Alto rappresentante per la
politica estera e di sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton, le
raccomandazioni della Commissione europea per la Serbia e il Kosovo
rappresentano "una interruzione decisiva con il passato" e
"un passo comune verso il futuro europeo". Il capo della
diplomazia europea, che ha guidato i dieci round negoziali tra
Belgrado e Priština, scrive il quotidiano di belgradese Blic, si e'
congratulata con i partecipanti al dialogo per il loro "corraggio
e visione". Nello stesso comunicato, il commissario
all'allargamento Stefan Fuele ha aggiunto che "la Serbia e il
Kosovo hanno dimostrato di potersi concentrare sul futuro invece di
restare prigionieri del passato".
La Serbia pero', come ripetuto dal
premier Ivica Dačić, con questo accordo siglato la settimana scorsa
a Bruxelles, non ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. "I
negoziati sul Kosovo continuano. Abbiamo alle nostre spalle diverse
cose: per la prima volta abbiamo ottenuto garanzie che un futuro
esercito kosovaro non potra' recarsi al nord del Kosovo, che la
polizia e la giustizia vengono formati dai serbi e che la parte serba
propone tre candidati per il ruolo di comandante della polizia
regionale. Per la prima volta la comunita' internazionale e' stata
dalla parte della serba e questo dovrebbe aprire una nuova epoca
della Serbia verso l'Occidente", ha detto Dačić aggiungendo
che finora questo e' il testo piu' conveniente per la Serbia. Il
testo dell'accordo afferma anche che la Serbia non puo' bloccare il
Kosovo nel processo di integrazione europea, ma non si menzionano
altre organizzazioni internazionali quali ad esempio le Nazioni
Unite.
Comunque vada, e' e continuera' ad
essere un argomento sempre difficile e molto delicato, lo confermano
anche le primissime dichiarazioni da parte dei due premier. Hashim
Thaci ha ribadito a casa sua che l'accordo garantisce "il
riconoscimento del Kosovo, che si tratta di un soggetto
internazionale, di sovranita' ed integrita' territoriale".
Secondo il premier kosovaro "i serbi nel passato hanno sempre
parlato delle loro vittorie, ma la prassi dimostrera' come in realta'
stanno veramente le cose”. Il premier serbo Ivica Dačić, da parte
sua, ha ripetuto invece che non si tratta e non si trattera' mai del
riconoscimento serbo dell'indipendenza del Kosovo e che invece tutte
le condizioni serbe sono state accettate. Secondo le informazioni
dell'emittente serba B92 non ci sara' nessuna cerimonia di firma
delle due parti a seguito dell'accordo siglato venerdi' scorso e dopo
che esso verra' definitivamente approvato sia da Belgrado che da
Priština.
Le reazioni in Serbia
L' accordo sulla normalizzazione delle
relazioni tra Belgrado e Priština ha provocato in Serbia una ondata
di diverse reazioni, dalle valutazioni di chi lo considera una
decisione storica e istituzionale che offre un appoggio al futuro,
alle accuse di tradimento degli interessi statali e nazionali e fino
alle invettive di chi ha affermato che e' stato compiuto "un
colpo di stato". "In questo momento, si tratta del massimo
che abbiamo potuto ottenere per il nostro popolo in Kosovo", ha
detto il vicepremier Aleksandar Vučić, rilevando che Belgrado "non
sara' intrappolata nelle menzogne di Hashim Thaci" sul
riconoscimento dell'indipendenza. Anche il premier Dačić ha
qualificato come "interpretazione falsa" la dichiarazione
del premier kosovaro il quale continua a ribadire che si e' trattato
in effetti del riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo. Alla
radiotelevisione della Serbia, Dačić ha dichiarato che queste sono
"menzogne" di cui si servono gli albanesi del Kosovo che
vogliono mostrare alla loro opinione pubblica di aver vinto in questi
negoziati.
Dall'altra parte, come voce
dell'opposizione, l'ex premier serbo e leader del Partito Democratico
della Serbia, il conservatore nazionalista Vojislav Koštunica, ha
accusato il potere ad aver accettato di porre fine allo stato serbo
in Kosovo, di lasciare il popolo serbo in balia della volonta' dei
separatisti albanesi e di aver svenduto il territorio del Kosovo per
una data di nessun valore, quella dell'inizio dei negoziati di
adesione all'Unione europea. Per Koštunica l'attuale leadership al
potere ha tradito gli interessi dello Stato e della nazione in Kosovo
e in tal modo "ha dato un colpo fatale alla Serbia con
conseguenze storiche terribili". Con questo accordo, e' convinto
Koštunica, "non esiste piu' lo stato serbo in Kosovo ed i serbi
in Kosovo devono vivere sotto la legge ed il potere di uno stato
falso quale il Kosovo". Aspre accuse arrivano anche da parte dei
circoli nazionalisti serbi. Il movimento Dveri ha valutato che il
governo "ha compiuto un colpo di stato, abolito la costituzione
e tradito gli interessi statali e nazionali” e per questo i leader
politici dovranno dimettersi oppure risponderne davanti alla
giustizia. Secondo Dveri cio' significa che per la prima volta nella
storia uno stato cede volontariamente una parte del proprio
territorio. Secondo gli analisti politici invece, l'accordo renderà
più distesa la situazione in Serbia e nella regione. Venerdi' scorso
pero', nella serata dell'accordo, diverse persone, in maggioranza
giovani, hanno manifestato contro l'accordo a Belgrado urlando
"tradimento" e "dimissioni" davanti alla sede
della presidenza della repubblica.
L'opposizione della Chiesa ortodossa
Evidente il dissenso anche della Chiesa
ortodossa: in un comunicato, il patriarcato serbo ha espresso
l'opinione che si tratti di "un completo ritiro della presenza
istituzionale della Serbia sul territorio della sua regione
settentrionale e della formazione di un'autonomia limitata della
comunita' serba al nord del ponte sul fiume Ibar in Kosovska
Mitrovica". Secondo la Chiesa ortodossa serba si tratta di un
riconoscimento indiretto e silenzioso, ma comunque di fatto, del
sistema istituzionale del Kosovo, indipendente dall'attuale
ordinamento della Serbia. Le cose si fanno pesanti a causa della
pressione dei vertici serbi sul processo indisturbato della
"eurointegrazione" del Kosovo di Thaci ma senza alcuna
menzione della Serbia in questo contesto. Non c'e' nessun dubbio, si
legge nel comunicato della Chiesa ortodossa serba, che dopo aver
pagato un prezzo cosi' alto per la famosa data di inizio dei
negoziati di adesione all'Ue - e si tratta di negoziati con un numero
sconosciuto di nuove condizioni e dell'esito incerto - il prezzo per
l'eventuale ingresso della Serbia nell'Ue sara' anche il
riconoscimento formale dell'indipendenza del Kosovo e il suo obbligo
di non ostacolare l'attribuzione di un seggio per il Kosovo alle
Nazioni Unite.
Come sembra, aggiunge il comunicato, si
tratta di una resa totale e di una evidente svendita del territorio
serbo piu' importante da secoli, nel senso spirituale e storico,
imposto dai grandi attori internazionali, nostri amici ed alleati,
per i cento anni della liberazione della vecchia Serbia storica dopo
cinque secoli di asservimento agli ottomani. La Chiesa serba ritiene
che rispetto ad un tale accordo, sarebbe perfino meglio una divisione
del territorio, in quanto soluzione piu' giusta e piu' sostenibile.
La Chiesa domanda anche che cosa cercasse l'alta delegazione serba
alcuni giorni fa a Mosca, se era gia' pronta ad accettare il
cosiddetto "massimo del possibile" che in effetti e' il
"minimo del desiderabile" dal punto di vista dell'interesse
elementare statale e nazionale della Serbia. Su questi presupposti,
la Chiesa ortodossa serba lancia un appello ai parlamentari e al
presidente della Serbia di esaminare davanti a Dio, davanti alla
storia del popolo serbo e alla propria coscienza la loro
responsabilita' morale e storica nel momento in cui prenderanno la
decisione se dare o meno la loro approvazione al testo dell'accordo
siglato a Bruxelles. Al tempo stesso, si lancia anche un appello ai
serbi in Kosovo di non riconoscere il dettato della forza e
dell'ingiustizia, ma di ritenere il Kosovo sempre e per sempre come
loro patria non contestando in nessun modo il fatto che esso e' anche
terra di quegli albanesi che ci vivono da secoli insieme ai serbi.
La difesa dei vertici serbi
L'unica linea di difesa dei vertici
serbi in questo momento e' quella di ribadire fermamente che
l'accordo non significa il riconoscimento dell'indipendenza di
Priština da parte di Belgrado. Il consigliere del presidente serbo,
Marko Đurić, ha dichiarato che per la Serbia e' estremamente
importante l'implementazione dell'accordo sulla normalizzazione delle
relazioni con Priština, ma ha annunciato una campagna il cui
obbiettivo sara' quello di spiegare ai Paesi che non hanno
riconosciuto il Kosovo che l'accordo non e' un passo verso il
riconoscimento dell'indipendenza bensi' verso la normalizzazione
delle relazioni tra la Serbia e una parte del suo territorio, vale a
dire il Kosovo. Secondo Đurić si tratta del passo verso la
normalizzazione delle relazioni che sara' coronato con l'approvazione
della legge costituzionale la quale stabilira' l'autonomia del Kosovo
e Metohija. L'accordo, ha sottolineato il consigliere del capo dello
stato serbo, in nessun modo riconosce la necessita' di trattare il
Kosovo come uno stato indipendente. Ha rilevato inoltre che il Kosovo
non puo' diventare membro delle Nazioni Unite come nemmeno dell'Ue
poiche' questo diritto, come ha spiegato, "gli e' negato
dall'accordo di Lisbona".
In una intervista alla radio
televisione serba, il premier Ivica Dačić ha sottolineato che
l'ingresso nell'Ue e' interesse nazionale e statale della Serbia
perché questo popolo deve vivere meglio, perche' la Russia e'
lontana, perche' non possono da soli, circondati dalla Nato e dall'Ue
e perche' non si puo' avere un futuro migliore fuori
dall'integrazione europea. "700 anni fa la Serbia era la vecchia
Serbia, Kosovo, Raška, ma oggi e' troppo piccola in quest'area.
Oggi, gli interessi strategici e statali della Serbia si trovano
altrove. Ad esempio in Bosnia Erzegovina, dove vive oltre un milione
di serbi. La prossima cosa saranno le pressioni sulla Republika
Srpska, e' dell'opinione Dačić. Ci saranno pressioni per la
revisione dell'Accordo di Dayton. “Per noi il Kosovo non e' l'unica
questione di cui ci dobbiamo occupare", ha detto il premier
serbo. Ha ricordato che le sanzioni imposte ai leader dei serbi negli
anni Novanta hanno contribuito alla formazioni della Republika
Srpska. Dačić ha precisato che se Slobodan Milošević non avesse
introdotto le sanzioni ai leader serbi in Bosnia, quando le forze
militari musulmano-croate si trovavano davanti a Banja Luka, oggi non
ci sarebbe nemmeno l'Accordo di pace di Dayton come nemmeno la
Republika Srpska. Dacic ha sottolineato che e' molto importante che
l'accordo proposto sia implementato ed ha aggiunto che con i serbi
del Kosovo bisogna "parlarci strategicamente, nel piu' grande
segreto e nella sicurezza protetta".
La questione dei serbi del nord del
Kosovo
Il problema principale restano comunque
proprio i serbi del nord del Kosovo che si rifiutano di accettare
quanto Belgrado ha concordato con Priština a Bruxelles. Il
quotidiano belgradese Večernje novosti riporta le osservazioni del
politico che si dice attualmente il piu' forte in Serbia, vale a dire
il vicepremier Aleksandar Vučić, il quale si aspetta che ci sia un
accordo comune, che si trovi la soluzione insieme con i serbi al nord
del Kosovo e che i serbi si presentino uniti. "Noi non possiamo
senza il nostro popolo, ne' il nostro popolo puo' senza la sua
Serbia", ha sottolineato Vučić e ha aggiunto che non ci deve
essere nessun dubbio che la Serbia poteva fare diversamente o
meglio. Mercoledi' il premier Ivica Dačić si e' detto fiducioso che
il Parlamento serbo con grande maggioranza appoggera' il rapporto del
governo sul dialogo Belgrado – Priština nonche' aspettative che
nei prossimi giorni, nei colloqui della leadership di Belgrado con i
serbi in Kosovo verranno eliminate le divergenze a tal proposito.
Oggi la Serbia non e' piu' una notizia negativa e sarebbe un peccato
mancare a questa occasione, ha rilevato Dačić.
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