giovedì 24 novembre 2011

VUKOVAR: "CHI LAVORA PER FAR DIMENTICARE, FARA' SI' CHE SI RIPETA"

Vukovar, 18 novembre 2011 (AP)
Di Marina Szikora [*]
Venerdi' scorso si sono commemorati i venti anni dalla tragica caduta di Vukovar, la citta' martire della guerra di agressione contro la Croazia. Per ricordare il destino della citta' croata e l'esilio di oltre la meta' dei suoi abitanti, in modo simbolico si sono riunite, secondo le stime, circa 50.000 persone che hanno marciato nella tradizionale marcia di ricordo, per la cosidetta 'via crucis' dall'ospedale di Vukovar fino al cimitero memoriale delle vittime della Guerra per la patria. Sono le stesse vie che venti anni fa hanno dovuto percorrere in una marcia muta gli abitanti di Vukovar di nazionalita' non serba rimasti in vita, portando con se una o due buste in mano, costretti ad abbandonare la loro citta' occupata dalle forze serbe, caduta dopo tre mesi di resistenza. A Vukovar, venerdi' scorso, c'erano le massime autorita' dello stato, il presidente Ivo Josipović, il presidente del Sabor recentemente sciolto in vista delle elezioni Luka Bebić, la premier Jadranka Kosor i ministri del governo, i difensori croati, la Societa' dei prigionieri dei campi di concentramento serbi ma anche pellegrini da tutta la Croazia e dalla vicina BiH. In quel giorno Vukovar ha ospitato il doppio numero dei suoi cittadini, tutti quelli che in questo momento particolare hanno voluto esprimere la loro solidarieta' e memoria alle persone corraggiose che hanno dato la loro vita ma anche sopravvisuto la tragedia di Vukovar. Tutte le strade che percorrevano sono state illuminate da migliaia di candele. "Vukovar e' il nostro orgoglio. Siamo qui oggi come ogni anno per commemorare il sacrificio di Vukovar. Questa citta' e' il nostro simbolo e la nostra motivazione di lavorare di piu' e meglio. Da una parte, con tristezza ricordiamo tutti quelli giovani e non soltanto giovani che hanno sacrificato la loro vita per la difesa di Vukovar e della Croazia, dall'altra parte siamo orgogliosi di loro perche' ci hanno lasciato il messaggio piu' prezioso, quello dell'amore e del patriotismo. La marcia della memoria e' la dimostrazione di quanto la gente apprezza questa parte della storia croata" ha detto il presidente Josipović a Vukovar.

Anche se in piena campagna elettorale, nel giorno della memoria tutti si sono astenuti di utilizzare la tragedia di Vukovar per scopi elettorali. Ma i candidati hanno preso parte dell'evento mantenendo il comportamento dignitoso e senza dichiarazioni e messaggi politici. Il lider dell'opposizione e uno dei candidati piu' seri per la carica di futuro premier, il socialdemocratico Zoran Milanović ha detto ai giornalisti brevemente che "la Marcia della memoria non e' il luogo per fare dichiarazioni". La premier Jadranka Kosor ha detto che "la questione delle persone scomparse che ancora stiamo cercando deve essere la questione di partenza in tutti i colloqui con il paese vicino (la Serbia). Dobbiamo trovarli, e tutti quelli che sono responsabili per le sofferenze di Vukovar e dei suoi cittadini devono rispondere". Per la prima volta nella Marcia di memoria, che era lunga oltre cinque chilometri, hanno marciato ache Bojan Glavašević, figlio del noto corrispondente di guerra della Radio croata di Vukovar Siniša Glavašević, ucciso ad Ovčara e poi anche Lyliane Fournier, la madre del volontario francese Jean-Michel Nicolier altrettanto ucciso ad Ovčara il cui corpo non e' stato mai ritrovato. Nei tre anni piu' difficili dell'occupazione di Vukovar solo sull'ospedale della citta' sono cadute tra 500 e 700 granate al giorno. Nel momento della tragica occupazione nell'area dell'ospedale c'erano 450 feriti e malati e cinque mila civili. Tutti furono condotti nei campi di concentramento in Serbia, molti furono uccisi e 200 feriti sono stati esumati dalla fossa comune di Ovčara. Nell'agressione serba contro Vukovar furono uccise in tutto 1.624 persone, tra difensori e civili e si valuta che oltre 2.500 erano i feriti. Oltre 7.000 prigionieri sono stati condotti in campi di concentramento e dalla citta' furono espulsi oltre 22.000 croati e altri cittadini di nazionalita' non serba. Sulla lista di persone scomparse e imprigionate si trovano i nomi di 306 difensori e civili croati di Vukovar. Per i crimini di guerra commessi sul territorio di Vukovar i tribunali croati, il Tribunale dell'Aja che giudica i crimini commessi in ex Jugoslavia e i tribunali in Serbia hanno processato 230 persone. Ma quelli condannati sono tutti serbi dalla Croazia, gli esecutori, mentre invece i principali comandanti della distruzione di Vukovar rasa al suolo e dell'uccisione dei suoi abitanti non sono ancora stati condotti davanti alla giustizia.

L'anniversario della tragedia di Vukovar ha fatto parlare quest'anno anche Florance Hartmann, ex portavoce del Tribunale dell'Aja che giudica i crimini commessi in ex Jugoslavia. Va sottolineato che la Hartmann, da giornalista assisti' personalmente, con un gruppo di giornalisti, alla realta' sconvolgente di Vukovar a soli due giorni dopo la sua caduta. In un collegamento da Parigi nella trasmissione televisiva croata dedicata alla tragedia di Vukovar, si disse scioccata che nel 2001 non ci fu nessun cambiamento di posizione da parte del Tribunale sui crimini commessi contro e a Vukovar. Risultava che era difficile aprire la completa documentazione su Vukovar poiche' si trattava di eserciti in guerra e quindi sarebbe stato difficile, afferma la Hartmann, individuare le mete civili e chi concretamente avrebbe commesso i crimini perche' la Croazia all'epoca faceva ancora parte dell'ex Jugoslavia. L'ex portavoce non ha precisato la posizione della sua capo di allora, Carla del Ponte sul fatto che soltanto Veselin Šljivančanin dovette rispondere per questi crimini e per di piu' fu condannato a 10 anni di carcere solo per la liquidazione dei feriti dell'Ospedale di Vukovar sulla farma di Ovčara. Invece, i crimini commessi a Vukovar nonche' le torture durate per mesi nei confronti dei difensori e civili non serbi nei campi di concentramento sul territorio della Serbia, non sono mai stati puniti. Nemmeno nessuna condanna per violentazioni sistematiche delle donne di Vukovar le cui testimonianze terrificanti dopo vent'anni pian piano stanno uscendo in pubblico. L'occupazione della citta' martire croata non si e' trovata neanche negli atti di imputazione contro Slobodan Milošević. Il Tribunale dell'Aja non ha toccato nemmeno la responsabilita' di comando dell'esercito jugoslavo a capo del quale c'erano Veljko Kadijević e Blagoje Adžić. "L'ufficio del procuratore ha indagato sulla catena di comando soprattutto nell'ambito del processo contro Milošević perche' venisse esaminata l'impresa criminale congiunta...Non so perche' tutti insieme non si trovano nell'atto di accusa. Io ho indicato che l'atto di accisa contro Milošević e' stato sollevato tardi ed era orientato soltanto su di lui invece di essere approfondito" ha detto Florence Hartmann. C'e' da aggiungere anche che l'ex portavoce dell'Aja doveva venire personalmente in Croazia ma il Tribunale dell'Aja ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti perche' non ha pagato l'intera somma di sette mila euro. Hartmann e' stata condannata in questo modo per aver descritto nel suo libro gli accordi segreti del Tribunale dell'Aja sull'ex Jugoslavia ed il governo serbo con a capo il defunto premier Zoran Đinđić.

A differenza della Croazia, il ricordo doloroso di Vukovar, non ha trovato spazio in Serbia. Solo qualche eccezione, come quella dell'allora antimilitarista Nenad Čanak, lider politico della Vojvodina, la regione multietnica in Serbia. Čanak ricorda che da militante antimilitarista fu forzatamente condotto al fronte. Ma oggi, avverte questo politico, il fuggire dal passato e' molto pericoloso per il futuro: "quelli che lavorano affinche' sia dimenticato, fanno si' che lo si ripeta. Tutti quelli che nascondono la verita' su Vukovar e su tutto quel periodo sono responsabili perche' i perpetratori di grandi mali non arriveranno davanti alla giustizia e che questi mali allora potranno ripetersi" ha avvertito Čanak. Per quanto riguarda gli studenti del capoluogo della Vojvodina, Novi Sad, nati alla fine degli anni ottanta e all'inizio dei novanta, in effetti non sanno di questa tragica parte del recente passato. Affermano ad esempio che "non sono molto a conoscenza di quanto accaduto a Vukovar anche se vengo dalle zone dove altrettanto c'era guerra. So soltanto che era terribile per noi quando eravamo piccoli. Non ne chiedevamo molto, proprio perche' ne avevamo tanta paura". Alcuni dicono di capire il simbolismo di Vukovar: "Vukovar, secondo me, e' simbolo dell'energia piu' distruttiva che esisteva tra questi popoli, il simbolo di distruzione, saccheggio...niente di bello si puo' immaginare quando oggi si dice 'Vukovar' sia nel mondo che in Europa" racconta uno studente di Novi Sad.

[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di "Passaggio a Sud Est" andata in onda oggi.

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