Angela Merkel e Boris Tadic |
La cancelliera tedesca ha posto diverse condizioni alla Serbia per ottenere lo status di paese candidato all'adesione all'UE entro la fine dell'anno. In particolare, Merkel ha sostenuto che Belgrado dovrà migliorare le sue relazioni col Kosovo. Come previsto da diversi osservatori, dunque, chiuso il capitolo della collaborazione con il Tribunale internazionale, con la cattura degli ultimi due latitanti Ratko Mladic e Goraz Hadzic, il nuovo scoglio sulla strada che da Belgrado porta a Bruxelles si chiama, riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo. Merkel non lo ha detto apertamente, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, ma il senso delle sue parole è piuttosto chiaro.
Ottenere lo status di candidato e una data per l'ingresso nell'UE entro la fine dell'anno è il grande obiettivo di Belgrado, soprattutto dopo l'arresto degli ultimi due super-ricercati per i crimini delle guerre jugoslave degli anni '90. Ma la cancelliera ha chiarito che la Serbia deve avere buone relazioni coi suoi vicini, a partire dal Kosovo. Tadic, di fronte al cattivo gioco non ha potuto fare buon viso: scuro in volto (come riportano le agenzie di stampa), ha replicato che la Serbia è perfettamente consapevole che non può “introdurre un nuovo conflitto in seno all'UE”, alludendo alla questione di Cipro che grava pesantemente nei negoziati della Turchia con l'UE.
Belgrado, ha detto ancora il presidente serbo, punta a “una soluzione e non a congelare il conflitto”, ma intende mantenere fermi i suoi “principi”: ovvero, nessun riconoscimento dell'indipendenza della sua provincia. Tadic ha anche condannato gli “atti unilaterali” di Pristina, riferendosi ai fatti di luglio, cioè gli scontri seguiti al tentativo kosovaro di prendere il controllo dei posti di confine del nord che hanno imposto una battuta d'arresto al disgelo delle relazioni tra Belgrado e Pristina registrato la scorsa primavera con i primi accordi tecnici frutto dei colloqui avviati tra le due parti con la supervisione e la mediazione dell'Unione Europea.
Comunque la si voglia girare, la questione finisce sempre al solito punto: lo status del Kosovo. Belgrado vuole una soluzione ma non vuole sentire parlare di riconoscimento della secessione di quella che continua a considerare una sua provincia. Pristina auspica la normalizzazione delle relazioni, ma non intende rimettere in discussione l'indipendenza proclamata unilateralmente nel 2008. L'Unione Europea fa la voce grossa, ma non può prendere decisioni drastiche, anche perché un terzo dei suoi membri quell'indipendenza non l'hanno riconosciuta. Usa, Russia e Turchia in questo momento hanno altro a cui pensare. Il rischio è che la questione finisca nel congelatore e ci resti a lungo. Sperando che non vada a male.
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