Immagine tratta da scoopat.net |
Ankara sembra non voler comunque alimentare gratuitamente una tensione che potrebbe esplodere con conseguenze incontrollabili e pericolose per tutta la regione. Dopo che recentemente il premier Erdogan aveva più volte esortato Assad a fermare la repressione della protesta popolare e avviare le riforme, il ministero degli Esteri Davutoglu ha affermato che “la Turchia farà del suo meglio per assistere la Siria” nell'attuazione di riforme che la rinnovino nella stabilità per renderla più forte. E nonostante il presidente turco Abdullah Gul l'avesse definito insufficiente, Davutoglu ha voluto cogliere nel recente discorso del presidente siriano “elementi” che “rappresentano segnali di riforma”, anche se “è importante la loro attuazione attraverso passi concreti”. Rispondendo ad una domanda dell'agenzia Anadolu sulle tensioni tra i due paesi, il ministro si è limitato a notare che “le relazioni fra Turchia e Siria sono molto migliorate negli ultimi dieci anni”.
Che la situazione tra i due paesi non sia tranquilla lo dimostra il fatto che gli Stati Uniti sono “molto preoccupati” per i movimenti di truppe siriane lungo la frontiera con la Turchia. Il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha detto chiaramente che “se le forze siriane non cessano immediatamente i loro attacchi e le loro provocazioni, che non solo colpiscono i loro connazionali ma mettono a rischio di potenziali scontri di confine, vi sarà una escalation del conflitto nella regione”. Una valutazione condivisa dal governo turco, almeno stando a quanto scrive il quotidiano israeliano Haaretz che cita una fonte turca “di alto livello” secondo la quale il primo ministro Erdogan starebbe esaminando lo scenario di possibili operazioni militari siriane in territorio turco con i capi dell'esercito, i servizi segreti e il ministero degli Esteri.
La preoccupazione di Ankara è che i siriani possano cercare di colpire i campi profughi allestiti in territorio turco dove continuano ad affluire civili siriani si in fuga dalla repressione scatenata dal regime di Damasco nel nord del paese. E che i nervi siano piuttosto tesi lo dimostrano anche fatti marginali come la scaramuccia simbolica tra i due eserciti: una bandiera turca, che era stata issata dai profughi su un edificio in territorio siriano per manifestare gratitudine alla Turchia che ha già accolto oltre 12 mila rifugiati, è stata rimpiazzata con un vessillo siriano. Una postazione militare turca ha reagito allora facendo sventolare una gigantesca bandiera nazionale dalla sommità di una collina per ribadire, qualora non fosse chiaro abbastanza chiaro, che le forze armate turche non tollereranno alcun sconfinamento.
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