Oggi il Kosovo festeggia l'ottavo anniversario dell'indipendenza. Che il
parlamento di Pristina avrebbe preso quella decisione, poi proclamata
solennemente il 17 febbraio del 2008, era già chiaro mesi prima.
Con
l'avvicinarsi della data sui giornali italiani comparvero varie
analisi, anche di autorevoli esperti di questioni internazionali, su
quello che sarebbe potuto succedere dopo la dichiarazione unilaterale di
indipendenza da parte degli albanesi kosovari. Gli scenari previsti erano i più vari.
C'era chi prevedeva l'isolamento del Kosovo da parte della Serbia. Chi
immaginava che i serbi kosovari avrebbero preso le armi per dichiarare a
loro volta la secessione. Chi pensava che invece sarebbero stati gli
albanesi a imbracciare i kalashnikov per creare una Grande Albania, dal
Kosovo alla Macedonia. Chi sosteneva che l'indipendenza del Kosovo
avrebbe indotto la Vojvodina e la Republika Srpska a fare altrettanto e
chi preconizzava contraccolpi indipendentisti dal Kurdistan ai Paesi
Baschi, dalle Fiandre fino alla Corsica.
Non uno di questi scenari
si è effettivamente verificato (per fortuna). L'indipendenza kosovara non è stata un "Newborn", ma nessuno di quegli
esperti ha immaginatonemmeno che otto anni dopo tra Serbia e Kosovo ci sarebbe
stato un accordo per la normalizzazione delle relazioni, che la Serbia
avrebbe avuto in corso i negoziati di adesione alla UE e che il Kosovo
avrebbe firmato l'ASA.
Certo Salonicco 2003 e il grande
allargamento a est del 2004 ha fatto nascere un po' troppe illusioni.
D'altra parte nessuno di quegli autorevoli esperti ha immaginato nemmeno
che l'UE sarebbe stata talmente in crisi da far temere per il suo
futuro.
Il che fa pensare che forse c'è una categoria ancora più
incapace di fare previsioni degli economisti: quella degli esperti di
politica internazionale.
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