Alex Langer e Gandhi |
Diciassette anni fa Alexander Langer
decideva di porre fine alla sua esistenza terrena. Era nato a
Sterzing/Vipiteno 49 anni prima. Giornalista, traduttore, insegnante,
esponente politico, credo si possa dire che prima e al di là di
tutto questo, Langer sia stato una persona ed un cittadino. E come tale fin
da giovanissimo ha sentito profondamente il dovere civico di
partecipare e impegnarsi. Anche “sporcandosi le mani”, al di qua
e al di là delle frontiere politiche, culturali, ideologiche e
materiali, anzi andando oltre i confini che troppo spesso, prima
ancora che sulle carte geografiche stanno nella testa delle persone.
Resta emblematico, secondo me, il suo
rifiuto – per lui che si era sempre dichiarato di madre lingua
tedesca - di aderire al censimento nominativo del 1981 e del 1991 che
rafforzava la politica di divisione etnica. Non comune e coerente con
questa sua visione è stata la volontà di dialogo e di confronto
anche con aree diverse dalle sue e la disponibilità alle idee
originali e non conformiste che emergevano in gruppi e movimenti non
compresi nell'abituale panorama politico.
Dopo la caduta del muro di Berlino
Langer si impegnò ancora di più per contrastare i contrapposti
nazionalismi che emergevano nell'Europa ex “oltre cortina” e
soprattutto in Jugoslavia, sostenendo e schierandosi al fianco chi si
batteva per la conciliazione interetnica. Anche in questo caso non
ebbe paura di andare controcorrente, assumendo anche posizioni
scomode rispetto ad un certo pacifismo che
pretendeva di mantenersi equidistante tra aggrediti ed aggressori e
rifiutava aprioristicamente ogni ipotesi di intervento, anche
militare, per fermare il bagno di sangue in corso nei Balcani.
Il 26 giugno del 1995, con altri
parlamentari, esponenti politici, militanti e profughi dell'ex
Jugoslavia, si recò a Cannes, in occasione del Consiglio europeo,
per portare ai capi di stato e di governo l'appello "L'Europa muore o rinasce a Sarajevo", che resta tutt'oggi un testo di
grande valore morale e politico. Un manifesto che mostra ancora la
sua attualità in questi mesi di crisi non solo economica e
istituzionale dell'Unione Europea, ma finanche dello stesso progetto
politico di unione concepito sulle macerie della seconda guerra
mondiale.
Pochi giorni dopo, il 3 luglio, Alex
Langer decideva di interrompere la sua vita. Nemmeno due settimane
più tardi il mondo avrebbe conosciuto l'orrore di Srebrenica, che
sembrava rappresentare, nella maniera più tragica e sanguinaria, il
fallimento di ogni idea di tolleranza e di convivenza pacifica e che
denunciava nel peggior modo possibile l'assenza politica dell'Europa
e l'ignavia dei suoi vertici politici nazionali.
Alex Langer è stato davvero, come ha
scritto qualcuno, “un uomo di frontiera senza frontiere”, che ha
saputo fare delle sue radici etniche e culturali non un elemento di
chiusura e di separazione, ma lo stimolo di una nuova idea di
appartenenza, un mattone da mettere in comune per costruire un nuovo
concetto di cittadinanza, facendo delle differenze e delle
specificità un elemento di unione e non di separazione, al di là
delle frontiere fisiche e dei confini mentali.
Il sito della Fondazione Alexander Langer
Il sito della Fondazione Alexander Langer
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