Il leader socialista serbo Ivica Dacic |
La riproposizione di un governo basato sull'accordo tra Democratici e Socialisti era l'ipotesi più accreditata dopo il sostegno accordato dal Partito socialista alla rielezione di Tadic (in cambio, si diceva, della poltrona di premier a Dacic, forte dell'affermazione elettorale ottenuta il 6 maggio). La vittoria di Nikolic, a dispetto dei sondaggi, ha però cambiato le carte in tavola e anche le elezioni legislative potrebbero a questo punto riservare qualche sorpresa. Alla base dello sgretolamento dell'alleanza tra Socialisti e Democratici ci sarebbe la politica economica. In Serbia la crisi sta colpendo duro e ha portato alla diminuzione degli stipendi medi, scesi sotto i 400 euro al mese, mentre la disoccupazione è al 24%. Tadic vorrebbe proseguire sui binari seguiti in questi anni, con un'impostazione liberista aperta agli investitori stranieri. Dacic, invece, vorrebbe rivedere molte privatizzazioni compiute in questi anni (che in effetti sollevano diverse perplessità), e ridiscutere l'accordo con il Fondo monetario internazionale. La notizia è che all'accordo Partito del progresso-Partito socialista potrebbe aggiungersi l'Unione delle Regioni Serbe, partito minore guidato dall'economista liberale Mladjan Dinkic, in passato tradizionale alleato di Tadic, ma da tempo in rotta con il leader democratico.
Per dare vita al governo sembra che il partito del presidente Nikolic abbia fatto ampie offerte ai potenziali alleati: a Dacic andrebbe la carica di premier, mentre ai regionalisti di Dinkinc spetterebbe un numero consistente di posti nei dicasteri economici. Se così fosse i Democratici si troverebbero per la prima volta all'opposizione dall'epoca della caduta di Slobodan Milosevic nel 2000, mentre la vittoria di Nikolic alle presidenziali non sarebbe più “dimezzata” dalla coabitazione con un esecutivo di segno opposto. Il neo presidente vedrebbe così premiata la svolta moderata che, dopo la sconfitta alle presidenziali del 2008, lo portò a lasciare il Partito radicale serbo dell'ultranazionalista Vojislav Seselj (sotto processo all'Aja per crimini di guerra) per approdare a posizioni sì conservatrici e nazionaliste, ma più moderate e non contrarie all'integrazione nell'Ue. In ogni caso, la nascita del governo dipenderà unicamente da Ivica Dacic, vero ago della bilancia della politica serba. Secondo la Costituzione il limite è il cinque settembre prossimo e dunque il leader del Partito socialista ha ancora tempo per preparare con calma quello che in ogni caso sarà il “suo” governo. [RS]
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