di Stefano Lusa, Capodistria 3 dicembre 2014
Pubblicato da Osservatorio Balcani e Caucaso
Dopo giorni e giorni di gogna mediatica si è suicidato. E’ finita così la storia del preside di un istituto tecnico di Maribor e di un'insegnante di matematica. I due erano stati filmati in un‘aula scolastica. Lei seduta su un banco senza pantaloni e mutandine e lui con la testa infilata tra le sue cosce. Il video amatoriale, di una ventina di secondi, realizzato da uno studente, postato sui social-network, è subito balzato agli onori della cronaca. Da quel momento la loro esistenza è cambiata. Due illustri sconosciuti sono finiti alla ribalta della cronaca e le conseguenze per loro e le loro famiglie sono state devastanti. Radio, televisioni e giornali hanno versato fiumi di inchiostro per narrare l’accaduto e per prendersi gioco dei due amanti. La notizia è presto rimbalzata nel resto dei Balcani ed anche più in là. I due hanno tentato di difendersi negando; hanno gridato al falso, ma alla fine non sono potuti sfuggire al pubblico ludibrio. Tutto è finito quando il preside ha deciso di togliersi la vita.
Un simile epilogo era, in realtà, nell’aria. Era solo questione di tempo prima che ci scappasse il morto. Il compassato, austero e noioso stile che aveva caratterizzato il giornalismo nazionale sino agli anni novanta da tempo è stato soppiantato da una nuova forma di informazione molto più rampante ed aggressiva, che vuole inseguire la notizia senza troppi scrupoli e senza farsi troppe domande di carattere etico o morale. I modelli sono quelli del giornalismo d’inchiesta e soprattutto scandalistico americano, senza lo stesso talento, lo stesso stile e soprattutto senza avere mostri reali di cui occuparsi. L’obiettivo è quello di racimolare un click più degli altri, di avere più spettatori o ascoltatori, o di vendere una copia di giornale in più. Logiche normali, ti dicono, per chi ogni giorno deve battere la concorrenza per restare su un piccolo e difficile mercato. Bisogna dare al pubblico quello che desidera, trovare lo scandalo, raccontarlo, andare ad indagare nelle questioni più pruriginose dei protagonisti della vita politica, economica e sociale, ma anche di singoli cittadini.
La professione in Slovenia
Ad inseguire queste notizie una nuova specie di cani da guardia della società, fatta molto spesso da precari, più o meno giovani, a caccia di fama e premi. La professione in Slovenia è dura. E’ da anni che nei giornali non si fa che tagliare, le redazioni sono sempre più piccole, i tempi molto stretti, i compensi non sempre adeguati, mentre il prestigio sociale del giornalista è immensamente inferiore rispetto all’Italia. Il mestiere, comunque, conserva il suo fascino anche perché consente di esercitare il potere che in tutto il mondo regalano penna, microfono e soprattutto telecamera. In realtà, questa, come altre storie che sono salite alla ribalta della cronaca nazionale, non avrebbe meritato di essere messe all’attenzione dell’opinione pubblica e non sarebbe accaduto in passato, quando la cronaca veniva liquidata con poche righe a bordo pagina; ma da tempo oramai non è più così.
In Slovenia il quotidiano più venduto è un tabloid, mentre i programmi radiofonici e televisivi di maggior successo sono proprio quelli che propongono questo tipo di giornalismo. Era chiaro che su una vicenda del genere ci sarebbero andati a nozze. Così la notizia ha continuato a tenere banco e ha continuato ad interessare maledettamente gli sloveni, talmente tanto da essere una tra le più seguite e più cliccate della settimana. Il pubblico voleva sapere tutto di quella storia e chi la raccontava era convinto che bisognasse continuare a parlarne: era necessario mettere in luce tutti i dettagli. Bisognava spiegare che la professoressa di matematica poteva anche negare di essere lei, visto che nel filmato non si vedeva la sua faccia, ma gli anelli che aveva al dito erano simili a quelli che apparivano in una sua fotografia fatta durante una gita scolastica. In parole povere lo stile e la delicatezza era lo stessa che certi media italiani hanno usato per raccontare il delitto di Garlasco o altri fatti di cronaca nera.
E ora?
Se non ci fosse stato di mezzo il suicidio si sarebbe proseguito ancora per settimane e poi la faccenda sarebbe rimasta negli annali degli scandali a sfondo sessuale che hanno attraversato la Slovenia in questi anni e sarebbe stata tirata fuori ogni volta che si sarebbe riproposta una vicenda simile. Oggi la Slovenia sembra interrogarsi sull’accaduto. Qualcuno parla di un errore di percorso, delle derive giornalistiche e della necessità di arrivare ad una maggiore autoregolamentazione della categoria. Finito il polverone non si tornerà però indietro e tutto continuerà come prima. Grandi penne, moralisti ed esperti dalla loro torre d’avorio pontificano sulla necessità di conservare la dimensione etica della professione. Le loro parole saranno dimenticate non appena all’orizzonte apparirà un nuovo scandalo. Il giornalismo sloveno è cambiato da tempo ed in questi giorni non ha fatto che raggiungere la sua più importante vittoria.
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