La larghissima vittoria dei “no” era ampiamente prevista e il risultato finale è andato anche oltre le più rosse previsioni. La quasi totalità dei serbi del nord del Kosovo si è detta pronunciata contro il riconoscimento della sovranità e delle istituzioni di Pristina. Nel referendum tenutosi martedì e mercoledì, contro il parere contrario del governo di Belgrado, della Ue e di tutte le altre istituzioni internazionali, il 99,74% dei partecipanti al voto ha detto “no” all'indipendenza proclamata unilateralmente dagli albanesi kosovari proprio quattro anni fa. L'affluenza è stata del 75,28%. I risultati finali ufficiali saranno resi noti il 19 febbraio.
La consultazione, che non avrà alcuna rilevanza giuridica, potrebbe avere però un peso politico sul cammino di integrazione europea della Serbia, a partire dal Consiglio europeo di marzo che dovrebbe decidere se concedere o no lo status di Paese candidato all'adesione, dopo il rinvio di dicembre. Per questo il governo serbo e il presidente Boris Tadic avevano condannato il referendum definito inutile, controproducente e dannoso agli interessi statali della Serbia. Il Parlamento kosovaro ha adottato da parte sua una risoluzione in cui si sostiene che il referendum viola l'ordine costituzionale del Kosovo.
Il referendum potrebbe accrescere le tensioni interetniche ostacolando ulteriormente il già difficilissimo dialogo fra Belgrado e Pristina intrapreso un anno fa con la mediazione di Bruxelles e da cui dipende la candidatura della Serbia all'adesione all'Ue. Dalla scorsa estate la tensione si mantiene alta nel nord del Kosovo, dove i serbi hanno eretto blocchi e barricate per ostacolare e impedire il controllo di due posti di frontiera con la Serbia da parte di poliziotti e doganieri albanesi inviati da Pristina. Critiche e condanne all'iniziativa del referendum sono venute dall'Unmik, la missione dell'Onu in Kosovo, e dalla Ue, secondo cui i problemi del Kosovo possono essere risolti solo con il dialogo e il compromesso.
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