E' crisi diplomatica tra Turchia e Francia: Ankara ha richiamato oggi il suo ambasciatore a Parigi dopo che l'Assemblea nazionale francese ha approvato una legge che punisce la negazione dei genocidi. Il provvedimento, presentato da una deputata dell'Ump, il partito del presidente Nicolas Sarkozy, con il sostegno del governo, prevede di "reprimere la contestazione o la grossolana minimizzazione" di qualsiasi genocidio con la condanna fino ad un anno di prigione e una multa di 45.000 euro. Nonostante non lo indichi esplicitamente, il riferimento obbligato, anche a causa delle posizioni più volte espresse dal presidente francese, è alla questione del genocidio armeno. Ciò ha suscitato nei giorni scorsi la dura reazione delle autorità di Ankara che hanno anche inviato due delegazioni a Parigi - una di parlamentari, l'altra di uomini d'affari - per tentare di bloccare l'iter del provvedimento. La vigilia del voto odierno è stata così segnata dalle minacce di rappresaglie diplomatiche e commerciali e dalle esortazioni dei vertici turchi, compreso un appello a Sarkozy del presidente turco Abdullah Gul che ha parlato di una legge "inaccettabile", mentre il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha affermato che Sarkozy aveva promesso la rinuncia al progetto direttamente al premier Erdogan. Quest'ultimo è stato a sua volta durissimo: “Quelli che vogliono vedere un genocidio dovrebbero indagare sulla propria sporca, sanguinosa storia. Se l'Assemblea nazionale francese vuole interessarsi della storia si deve anche preoccupare di fare luce su quanto avvenuto in Africa, Ruanda e Algeria”.
Ieri la portavoce del governo aveva dichiarato che la legge non è contro la Turchia e che Parigi intende mantenere le importanti relazioni che ha con Ankara. Oggi, però, prima del voto il governo francese ha indurito i toni e, per bocca del ministro per gli Affari europei, Jean Leonetti, ha definito quelle turche "minacce a vanvera" che la Francia non intende neppure prenderle sul serio. Parigi farebbe meglio però a essere un po' meno sprezzante visto che l'interscambio commerciale tra tra i due Paesi vale circa 12 miliardi di euro all'anno ed il migliaio di aziende transalpine che operano in Turchia rischiano di veder sfumare appalti ed affari in ambiti importanti come trasporti, armamenti e nucleare. Inoltre, la crisi arriva in un momento in cui l'appoggio di Ankara è indispensabile in dossier caldissimi come quello siriano e quello del nucleare iraniano, sui quali Parigi è esposta in primo piano. Ci sarebbe da interrogarsi, quindi, sul senso di un'iniziativa che, se condivisibile nello spirito e nel contenuto, appare quanto meno intempestiva e tale da giustificare il sospetto delle autorità turche che la legge nasconda in realtà solo la volontà di corteggiare la numerosa comunità armena residente in Francia in vista delle presidenziali del 2012. Un sospetto non infondato dato che già nel 2007, prima della sua elezione, Sarkozy aveva promesso l'adozione di un provvedimento del genere e che nell'ottobre scorso era tornato a definire “inaccettabile” la negazione del genocidio armeno.
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