Il premier ungherese Viktor Orban |
“Viktor sta andando in guerra” cosi' il titolo del prestigioso “The Economist” britannico del 3 gennaio sul contenzioso del premier ungherese Viktor Orban con una parte della leadership del suo partito e con gli Stati Uniti. Il giornale britannico scrive in questo articolo che l'Anno nuovo non e' iniziato bene per il conflittuale premier ungherese, Viktor Orban. L'appoggio al suo partito di destra Fidesz sta diminuendo. Secondo i recenti risultati del sondaggio Mediana, la popolarita' del partito e' calata dal 38 al 26 per cento il che significa la perdita di circa 900 000 votanti. La popolarita' personale di Orban e' calata di 16 punti in percentuale e anche altri sondaggi dimostrano simili risultati, scrive “The Economist”. La ragione dell'insoddisfazione e' stata la proposta di tasse per Internet che poi e' stata subito ritirata dopo che le manifestazioni in piazza a Budapest hanno riunito diverse decine di migliaia di manifestanti. E' stato il primo significativo indietreggiamento del governo dalla sua netta vittoria elettorale dell'aprile 2014, ma quello che sorprende e' che questo non ha calmato gli ungheresi amareggiati bensi' ulteriormente stimolato.
La loro furia ha radici profonde. Girano voci sul patrimonio lussuoso e sugli immobili aristocratici di cui nonostante la crescita della poverta' godono alcuni ministri del suo governo e i loro amici il che sta causando divisioni all'interno del Fidesz. L'ex presidente del partito e ministro dell'educazione, Zoltan Pokorni, il quale attualmente e' presidente di uno dei comuni di Budapest, ha invitato a porre fine “agli stili di vita fastosi” degli esponenti del governo e “politici di spicco”. Per questo Pokorni si e' guadagnato una pecca da parte del capo del gabinetto di Orban, Janos Lazar, ma le sue critiche hanno fatto grande colpo sull'opinione pubblica. Inoltre, e' sempre maggiore la preoccupazione all'interno del Fidesz a causa della possibilita' che il contenzioso con gli americani si trasformi in una vera crisi diplomatica, informa il giornale britannico. Piu' precisamente, a sei funzionari ungheresi e' stato vietato l'ingresso negli Stati Uniti per presunta corruzione. Una sanzione molto insolita contro uno degli alleati della NATO. Gli Stati Uniti si rifiutano di dare informazione sui nomi di questi funzionari appellandosi al diritto della privacy. Pero', il capo delle autorita' finanziarie, Ildiko Vidasama ha ammesso di trovarsi sulla lista di questi nomi ma nega fermamente azioni corruttive. Con l'appoggio di Orban, Vidasama ha fatto causa contro il charge d'affaires americano di Budapest, Andre Goodfriend per calunnia. La causa molto probabilmente non portera' a nulla poiche' Goodfriend ha imunita' diplomatica.
Grazie alle feste natalizie le emozioni hanno occasione di placarsi, scrive “The Economist” e la politica estera ungherese puo' cambiare. Il giramento verso Mosca dopo la crisi ucraina e il crollo del rublo ha avuto insuccesso. I funzionari ungheresi si confidano con gli ambasciatori occidentali che la molto plaudita “apertura verso l'Est” non ha dato risultati di guadagno del commercio e degli investimenti come aspettati. Il presidente Putin ha cancellato il progetto del gasdotto South Stream che l'Ungheria aveva appoggiato e questo e' stato un colpo alla strategia energetica ungherese. Ma Orban ed i suoi ministri non hanno ricucito le relazioni con gli americani, bensi' iniziato l'attacco, scrive il giornale britannico e aggiunge che Orban ha rigettato le accuse sulla corruzione come “una scusa” per i tentativi americani di aumentare la loro influenza nella regione. Secondo l'uomo forte dell'Ungheria, Viktor Orban, gli Stati Uniti si mischiano nelle questioni politiche interne dei paesi centro europei. Orban e' dell'opinione che le principali ragioni di questa situazione sono il conflitto in Ucraina e i negoziati tra l'Ue e gli Stati Uniti relativi al libero commercio.
Il portavoce del segretario di stato americano su questo ha risposto che gli Stati Uniti esprimono al governo ungherese soltanto preoccupazioni sulla situazione della democrazia e lo stato di diritto. Affermazioni aggressive sul comportamento americano finora hanno espresso il capo del gabinetto del premier, Lazar, poi il presidente del parlamento Antal Rogan e il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjarto, nelle diverse interviste ai media vicini al governo, rileva 'The Economist' e precisa che Szijjarto ha dichiarato per il “Magyar Nemzet” che “le forze internazionali ed interne” vogliono “destabilizzare” l'Ungheria. Infine, il giornale precisa che come detto dal portavoce del governo, Zoltan Kovacs, il contenzioso con gli Stati Uniti ha le sue radici nell'approvazione della controversa legge sui media. Secondo le sue affermazioni “vi e' una visibile e palpabile insoddisfazione dell'amministrazione americana con il governo ungherese sin dal 2011”.
Il testo è tratto dalla trascrizione di una parte del contributo per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda l'11 gennaio a Radio Radicale.
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