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Domenica 6 maggio si vota anche in Grecia. Elezioni anticipate convocate nel bel mezzo di una devastante crisi economica che ha messo in ginocchio il Paese. La pubblicazione di sondaggi nelle due settimane che precedono il voto, come da noi, è vietata, ma le rilevazioni ci sono e gli umori popolari si percepiscono chiaramente. I partiti in lizza sono molti, anche se pochi entreranno effettivamente in parlamento superando lo sbarramento. Pochi ma probabilmente più che in passato e questo, forse, è alla vigilia del voto, l'unico dato abbastanza sicuro. I due partiti maggiori, Pasok e Nea Demokratia, usciranno penalizzati dalle urne anche a causa delle scissioni interne subite in questi mesi. La sinistra complessivamente dovrebbe avere la maggioranza parlamentare ma sarà un risultato non spendibile politicamente, perché i vari partiti sono molto divisi tra di loro. A destra è dato come probabile l'ingresso degli ultra-destri di "Alba dorata".
Qui di seguito riporto l'interessante panoramica compilata da Matteo Zola e pubblicata proprio oggi da Eastjournal.net, un sito sempre molto interessante per chi segue le vicende dell'Europa centro e sud orientale e che vi consiglio di inserire tra i vostri preferiti.
ELEZIONI GRECIA / Partiti e sondaggi. Ma l’esito sembra incerto
di Matteo Zola - Eastjournal.netIl prossimo 6 maggio si voterà in Grecia per le elezioni parlamentari. Si fronteggiano ben 32 partiti, alcuni piuttosto assurdi. Quello che sembra mancare, però, è una vera alternativa. I sondaggi, in Grecia, sono vietatissimi da ormai due settimane, in questo contesto è difficile immaginare il risultato del voto anche se due sondaggi indipendenti sono stati effettivamente condotti. Qui di seguito proveremo a descrivere, brevemente, i principali partiti in lizza indicando A) il risultato alle ultime elezioni politiche del 2009; B) un sondaggio, condotto da Public Issue, aggiornato al 18 aprile C) un sondaggio “ufficioso” condotto dall’Università di Salonicco nella sola area metropolitana di Atene.
I due partiti storici
Tra i partiti più importanti ci sono quelli di sempre a cominciare dal Movimento Socialista Panellenico (Pasok), guidato da Evanghelos Venizelos che succede al dimissionario ex-premier George Papandreu. Partito di governo dal 1993 al 2000, dopo una pausa di quasi un decennio torna al governo nel 2009, mentre la crisi economica e finanziaria esplode. Il neo-premier, George Papandreu, si pone come un riformatore ma non riesce a far fronte al tracollo economico. Un tracollo iniziato già dieci anni prima, ai tempi delle Olimpiadi di Atene, che hanno causato una voragine nel bilancio di Stato e una successiva “cosmesi” dei conti da parte dei governi.
A) 43,9% B) 20% C) 15,5%
La responsabilità della crisi, il Pasok, la condivide con Nea Demokratia (Nd) guidata da Antonis Samaras. ND è stato fondato nel 1974 da Costantino Karamanlis, già primo ministro dal 1955 al 1963, e vinse le prime elezioni del dopo dittatura, avvicinandosi alla Nato e cercando di risolvere (a favore greco) la questione di Cipro. Partito di governo dal 2004 al 2009 è uno dei responsabili diretti della cattiva gestione economica che avrebbe, di lì a poco, contribuito a gettare la Grecia nel baratro della bancarotta.
A) 33,5% B) 26% C) 14%
La sinistra
Accanto alle due formazioni da sempre maggioritarie emergono, nei consensi, le formazioni “radicali”: il partito comunista (Kke) guidato da Aleka Papariga, barricadera che vive nell’uptown ateniese dove la crisi, ancora oggi, non è di casa. Il partito comunista è stato un fiero oppositore del governo Papandreu come dell’esecutivo guidato dal “tecnico” Papademos, primo ministro uscente. La Papariga ha una storia politica di tutto rispetto: si unì al Kke illegalmente nel 1968 durante la dittatura dei colonnelli e fu attiva nel movimento dei familiari dei prigionieri. Dopo la fine della dittatura fu attiva nel movimento femminista e fece carriera all’interno del partito. Le sue posizioni, tuttavia, non sono quelle di uno statista votato allo spirito della sua epoca quanto quelle di un rivoluzionario cubano fuori tempo. Ha dichiarato, in una recente intervista, che: “il nostro compito è ottenere il potere popolare, l’economia popolare, il socialismo“. Con una certa nettezza dichiara “i partiti europei” essere “creati dall’Unione Europea dei capitali e delle multinazionali” allo scopo “di dividere la sinistra”. Fortemente critica con le misure di austerità fin qui applicate non sembra in grado di proporre un modello alternativo o, almeno, non è al centro delle sue retoriche elettorali. Preferisce piuttosto criticare l’Unione Europea, che è un po’ come sparare sulla Croce Rossa: “oggi l’Unione Europea è un’Unione capitalista. L’Unione Europea non è l’Unione dei popoli, appartiene ai monopoli e alle corporazioni multinazionali. Il KKE sogna e lotta per un’Europa unita, pacifica, socialista”. Il Kke tiene “rapporti di collaborazione” con i partiti comunisti europei. tra cui il partito comunista bielorusso.
A) 7,5% B) 10% C) 9%
Ancora più a sinistra del tradizionale partito comunista si trova la Coalizione della Sinistra Radicale-Movimento Unitario Sociale (Syriza), guidata da Alexis Tspiras.Si tratta di un’unione di partiti minori e movimenti che condividono istanze comuni: l’ecologismo, la partecipazione civile, la giustizia sociale, i diritti del lavoro, l’opposizione alle leggi speciali (come quelle sull’antiterrosimo) e alla guerra. Nasce da un primo Spazio comune che costituì così il terreno dal quale numerosi partiti che lo costituivano lanciarono il Social forum greco, parte del Forum sociale europeo.
A) 4.6% B) 8% C) 11%
In area socialdemocratica sembra collocarsi il partito della Sinistra Democratica (Di.Mar). Il suo leader è Fotis Kouvellis. Fondato nel 2010 dagli scontenti del Pasok, è un partito europeista, contrario ai piani di austerità, definisce “conservatrici e inefficienti” le risposte sino ad ora fornite dall’Unione Europea alla crisi dei debiti sovrani e adotta la “modesta proposta” dell’economista Yanis Varoufakis circa il trasferimento dei debiti nazionali alla BCE e l’emissione di eurobond dell’Unione. Ritiene che l’unica soluzione alla crisi sia quella di un nuovo rilancio del progetto europeista, attraverso la coordinazione delle politiche economiche per eliminare le differenze Nord-Sud e muoversi verso un’Europa federale. Tra le formazioni di sinistra alternative al Pasok sembra questa quella più matura, capace di associare istanze di rinnovamento a proposte costruttive anche di respiro europeo.
A) – B) 9% C) -
La destra
A destra c’è l’Adunata Popolare Ortodossa (Laos), di Yiorgos Karatzaferis. Si tratta di un partito ultraconservatore, con derive antisemite e ispirato al nazionalismo ellenico.
A) 5,6% B) 4% C) 5%
Il Partito dei greci indipendenti (An.El), anch’essi di destra radicale, guidati da Panos Kammenos, fanno proprie le istanze dell’anti-austerità. Kammenos, già membro di Nea Demokratia da cui fu espulso, ritiene che la Grecia sia vittima di “un complotto internazionale” teso a “limitarne la sovranità” nazionale al solo fine di “favorire le speculazioni finanziarie”.
A) – B) 11% C) 11%
Tra i partiti ultraradicali c’è da tenere d’occhio la formazione neonazista Alba Dorata che sembra raccogliere sempre più consensi, si tratta però di rumors poiché la compagine, snobbata dai sondaggisti, sembra piacere molto ai greci che nel segreto delle urne diranno quello che a voce forse non osano.
La selva dei partitini
Un segno del clima che si respira in Grecia sono i nomi, assurdi e fantasiosi, di alcuni partiti minori a chiara vocazione populista: il “Movimento non posso pagare, non voglio pagare”, la”Cooperazione anticapitalista di sinistra per il rovesciamento” e (bellissimo) il cartello di partiti microscopici dal nome: “Rinnovare la Sinistra Indipendente, Rinnovare la Destra, Rinnovare il Pasok, Rinnovare Nea Dimocratia, No alla Guerra, Partito dell’Azione: dò via la terra, dò via i debiti, Salvate le Vite”.
Quale esito?
Le possibilità sono sostanzialmente due. Che i due partiti di maggioranza, il Pasok e Nea Democratia, si uniscano in una “grosse koalition” alla greca e portino avanti le misure di austerità fin qui elaborate. Un governo in segno della continuità e del rispetto delgli accordi e delle clausole internazionali. Oppure che una delle due parti, di destra o di sinistra, si allei con i partiti radicali della sua area politica divenedone però ostaggio e, di fatto, formando un governo instabile.
C’è anche una terza possibilità, ovvero che si affermi un partito considerato outsider che possa esso stesso mettersi a capo di un esecutivo tutto da immaginare. Questa possibilità sembra però assai lontana dalla realtà. Ciò che realmente manca in Grecia è un’alternativa: da un lato ci sono i partiti di sempre, dall’altra formazioni estremiste, retaggio di ideologie superate e novecentesche. Nulla di nuovo. Pare che dopo le elezioni anche il premier uscente, il “tecnico” Papademos, fonderà un proprio partito perché, a suo dire, c’è bisogno di lui in Grecia. E lui ben poco ha potuto fare in questi mesi, “vittima” -sempre a suo dire- dei partiti di maggioranza. Un’ispirazione per il nostro Mario Monti?
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