venerdì 4 maggio 2012

ELEZIONI IN GRECIA: COMUNQUE VADA IL FUTURO NON SI DECIDE AD ATENE

Domenica 6 maggio la Grecia va alle urne per le elezioni anticipate convocate mentre il Paese ancora è nel pieno della gravissima crisi economica che lo ha ridotto praticamente sul lastrico. Anche se, almeno stando almeno alle agenzie di rating, il Paese sembrerebbe tecnicamente uscito dal default, la situazione resta molto pesante.

Dimitri Deliolanes, corrispondente dall'Italia della tv di stato Ert, nell'intervista che ho fatto per Radio Radicale, parla della situazione politica e sociale in Grecia a pochi giorni dal voto.


La rabbia popolare monta contro i due maggiori partiti, Pasok e Nea Demokratia, che hanno governato dalla fine della dittatura dei colonnelli nel 1974 e che vengono ritenuti responsabili dell'attuale situazione. La fine delle due grandi dinastie politiche, i Papandreou e i Karamanlis, segna anche la fine del bipartitismo, o comunque una sua trasformazione con l'arrivo sulla scena di nuovi leader e nuove formazioni politiche.
A poche ore dall'apertura dei seggi, nell'incertezza generale sull'esito delle elezioni, si profila una frantumazione del quadro politico, con un ridimensionamento di Pasok e ND e l'avanzata complessiva dei partiti di sinistra che però sono molto divisi tra di loro e dunque disporranno di una maggioranza non spendibile politicamente. Nell'attesa di vedere quali, tra le nuove formazioni, riusciranno a superare la soglia di sbarramento, inquieta il possibile ingresso in parlamento del partito di estrema destra "Alba dorata", che si rifà dichiaratamente al nazismo.
Nonostante tutto questo, è probabile che dopo le elezioni nascerà di nuovo un governo di coalizione Pasok-Nea Demokratia con l'apporto di qualche satellite di centro-destra e/o di centro-sinistra che faccia fronte agli impegni imposti da Ue, Bce e Fmi per uscire dalla crisi. Duqìnque, un quadro politico molto cambiato all'interno, ma niente di sostanzialmente diverso sul piano internazionale. Anche perché il destino della Grecia non si decide certo ad Atene.

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