Le elezioni del 12 ottobre in Bosnia Erzegovina hanno toccato praticamente tutte le istituzioni elettive del Paese. I 3.278.908 cittadini aventi diritto al voto (2.037.076 nella Federacija BiH, l'entità croato-bosgnacca, e 1.241.832 nella Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba) erano chiamati a eleggere i 3 presidenti della presidenza nazionale tripartita, il presidente e 2 vicepresidenti della Republika Srpska, 42 parlamentari del parlamento nazionale, 83 parlamentari della RS, 98 membri del parlamentari e 289 rappresentanti cantonali della Federacija. In tutto 518 posti per i quali i candidati in lizza erano 7.748 (3.276 donne; 4.472 uomini) riuniti in 98 tra partiti, coalizioni e candidati indipendenti. Questo diluvio di numeri è il frutto dell'assetto istituzionale determinato dagli accordi di pace di Dayton che nel 1995 posero fine al conflitto fotografando la situazione sul terreno. E sono proprio quegli accordi che hanno determinato una situazione politico-istituzionale che appare ormai senza via d'uscita e che sta allontanando sempre più il Paese dalla prospettiva dell'integrazione in quella Unione Europea che ha essa stessa responsabilità nella situazione.
Qui di seguito tre interessanti commenti usciti nei giorni scorsi sull'esito del voto in Bosnia del 12 ottobre
La Bosnia di ieri
Andrea Oskari Rossini, Osservatorio Balcani e Caucaso, 13 ottobre 2014
Così la Bosnia torna al 1990
Rodolfo Toè, Il Foglio, 14 ottobre 2014
Il pantano politico bosniaco
Matteo Tacconi, Rassegna Est, 20 ottobre 2014
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