La ritorsione contro la Siria, dopo la
strage di civili con armi chimiche del 21 agosto, che solo pochi
giorni fa sembrava questione di ore, sembra al momento non più così
imminente, ma intanto la disponibilità della Turchia a partecipare
ad un'azione militare a fianco degli Stati Uniti ha riacceso la
scorsa settimana le proteste contro il governo di Recep Tayyip
Erdogan, interrotte nel mese di agosto dopo due mesi di
manifestazioni quasi quotidiane, soprattutto a Istanbul. Il Partito
della democrazia e della pace (Bdp), il partito filo-curdo che siede
nel Parlamento di Ankara, ai primi di settembre ha portato decine di
miglia di persone in piazza in tutto il Paese in occasione della
giornata mondiale della pace raccogliendo l'appoggio dai partiti
della sinistra. I cortei maggiori, con momenti di tensione e vari
incidenti, si sono svolti a Diyarbakir, Van e Istanbul, dove i
manifestanti hanno cercato di formare una catena umana per disegnare
un grande simbolo della pace. A piazza Taksim le forze dell'ordine
hanno impedito la manifestazione facendo più volte uso di
lacrimogeni e idranti. Il Gezi Parki, intanto, era stato chiuso per
evitare che divenisse l'epicentro di nuove proteste. Dall'inizio del
campionato di calcio, inoltre, i tifosi hanno approfittato delle
partite per scandire slogan a favore del movimento “Occupy Gezi”
nonostante le minacce del ministro degli interni Guler che ad agosto
aveva avvertito che non sarebbero stati tollerati “slogan a sfondo
ideologico e politico". In agitazione anche gli studenti
universitari ad Ankara per contrastare i progetti del comune che
prevedono l'abbattimento di molti alberi dentro e fuori dal campus
dell'Università tecnica del Medio Oriente (Metu), uno dei più ampi
spazi verdi della capitale turca, per la costruzione di una strada.
Nonostante le iniziative del governo
per prevenire nuove proteste , l'autunno in arrivo sembra
preannunciarsi piuttosto caldo e la possibile partecipazione turca ad
un'azione militare contro Damasco rischia di dare nuovo slancio al
movimento “Occupy Gezi” fornendo nuovi argomenti e favorendo
l'allargamento del fronte di coloro che per vari motivi, e magari
partendo da posizioni politiche e ideali assai distanti tra loro,
trovano però ragioni convergenti nell'opporsi al governo Erdogan.
Per impedire che le manifestazioni di Ankara si diffondano nelle
altre università del Paese, il ministro degli Interni Guler ha
emesso una circolare che invita prefetti e accademici ad alzare la
guardia affinché non si verifichino contestazioni a esponenti del
governo o parlamentari in visita negli atenei. Con un occhio alle
elezioni amministrative del marzo 2014 lo stesso premier Erdogan è
tornato a scagliarsi di nuovo contro gli attivisti pro-Gezi come
aveva fatto all'inizio delle manifestazioni. "Il futuro della
Turchia sarà determinato solo dalla gente e e dalle urne e non da
coloro che fanno terrorismo per le strade, né dai mercati, né dai
media, né dai social media", ha detto il primo ministro giorni
fa nel corso di un evento pubblico ad Ankara, affermando che "nessuno
ha parlato delle centinaia di poliziotti feriti, che sono intervenuti
con attenzione a ogni tipo di vandalismo e di violenza".
Erdogan ha poi reiterato le sue
critiche a quella che ha definito la "lobby dei tassi
d'interesse", sostenendo che "l'occidente non vuole una
Turchia sviluppata dal punto di vista economico" e rincarando la
dose con un attacco durissimo all'Unione Europea accusata di
condurre, con "alcuni
altri ambienti" non meglio
identificati, una "campagna diffamatoria" contro il governo
turco. In una
conferenza ad Ankara, il premier turco
ha accusato in blocco i 28 Paesi membri dell'Ue di diffondere
informazioni distorte per alterare l'orientamento dell'opinione
pubblica sulla Turchia e sui progressi compiuti negli ultimi anni nel
campo dei diritti umani. Facendo un riferimento preciso all'uso di
gas lacrimogeni contro i manifestanti di Gezi Park, lo scorso giugno,
Erdogan ha sostenuto che i poliziotti turchi sono stati picchiati e
che nonostante questo molti di loro hanno agito in modo tollerante
fino all'ultimo, aggiungendo che i gas lacrimogeni impiegati per
reprimere le manifestazioni di piazza esistono già nell'acquis
comunitario dell'Ue". Quanto agli arresti e ai processi di
giornalisti, per Erdogan l'opinione pubblica europea e mondiale è
stata disinformata in modo sistematico da quegli stessi ambienti che
stanno ora informando il mondo in modo distorto sulla questione della
libertà di espressione in Turchia. Il premier continua a godere di
un ampio appoggio popolare, ma in vista delle elezioni di marzo ha
deciso di portarsi avanti con il lavoro.
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