lunedì 15 marzo 2010

L'EUROPA E I BALCANI, I BALCANI E L'EUROPA - 2

Qui di seguito il testo della corrispondenza di Marina Szikora per lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 10 marzo a Radio Radicale

Il Forum “Gli scenari dello sviluppo dell’area adriatico-balcanica” svoltosi a Gorizia e organizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia in cui i singoli Paesi che fanno parte di quest’area sono stati rappresentati ad alto livello ha non solo trattato le opportunita’ economiche che offrono i Balcani e l’interscambio sull’asse Italia-Balcani ma in qualche modo ha sollecitato ulteriormente analisi relative all’attuale situazione nella regione e le prospettive europee di questi Paesi che continuano a subire diversi ostacoli e perfino uno stallo nel loro cammino verso l’integrazione europea. Al Forum hanno preso parte a nome dell’ospitante, l’Italia, il Ministro degli esteri Franco Frattini, in piu’ il Ministro dell’Energia e dell’industria Mineraria della Serbia, Petar Skudric, il Vice Ministro dei Trasporti del Montenegro, Srdjan Vukcevic, il Ministro dell’Economia, del Lavoro e dell’Impresa della Croazia, Djuro Popijac, il Presidente della Regione Friuli, Renzo Tondo, il Sindaco di Gorizia Ettore Romoli, i Presidenti di INCE e IAI, nonche’ il Sottosegretario di Stato Alfredo Mantica e il Segratario di Stato del Ministero dell’Economia della Romania, Parcalabescu. Nel suo discorso di apertura, il Ministro Frattini ha sottolineato che “l’energia, le reti infrastrutturali, le nuove opportunita’ economiche che offrono i Balcani contribuiranno senz’altro ad alimentare proficuamente l’azione italiana nella regione”.

“Pur continuando ad essere tra i primissimi partner commerciali nei singoli mercati oltre Adriatico, il primato italiano negli ultimi anni si e’ progressivamente indebolito, non solo a causa dell’affermarsi di altri competitors come la Francia e la Germania, ma soprattutto a causa della “disarticolazione” che spesso caratterizza i numerosi interventi italiani nell’area”, ha detto Frattini, spiegando che gli stessi Governi dei Paesi balcanici guardano con forti aspettative a possibile effetto traino per le proprie economie derivante dalla ripresa economica italiana e in questo senso evidenzia che “le opportunita’ non mancano. Settori strategici quali il comparto energetico e le infrastrutture offrono rilevanti opportunita’” per le aziende italiane nei Balcani e aggiunge che gli ultimi sviluppi consolidano le prospettive di una accelerazione degli investimenti italiani nell’area.

Tra gli argomenti sollevati vi e’ stato anche quello della recente liberalizzazione dei visti che, nei Balcani ha privilegiato la Serbia, il Montenegro e la Macedonia, considerato il fatto che gia’ da tempo, il paese piu’ avanzato nella regione, la Croazia e’ esclusa dall’obbligo del regime di visti. In attesa di essere inseriti sulla cosidetta lista bianca di Schengen sono rimasti Albania e Bosnia Erzegovina, mentre il Kosovo non e’ ancora un tema di discussione. La libaralizzazione del regime di visti nella regione viene vista come un successo italiano poiche’ lo stesso Ministro Frattini, in quanto gia’ Vice Presidente della Commissione Europea e Commisario per la Giustizia e Affari Interni aveva promosso questa iniziativa nel marzo del 2008. Auspicando non solo l’attesa liberalizzazione dei visti per Albania e BiH, il capo della diplomazia italiana vuole farsi promotore anche del caso Kosovo e a tal proposito ha avvertito che “Pristina ha bisogno di essere incoraggiata nel suo difficile percorso verso la definitiva stabilizzazione. Un obiettivo al cui raggiungimento l’Italia sta contribuendo in prima linea, nella convinzione che il futuro del Kosovo e’ nell’Unione Europea. La Commissione – come da noi auspicato nel Piano in otto punti - ha presentato ad ottobre uno studio che costituisce una valida base su cui lavorare anche se, va ammesso, il compito non e’ agevole dal momento che sul Kosovo esistono posizioni sensibilmente diverse tra gli Stati membri dell’Ue” ha spiegato Frattini.

I Paesi piu’ avanzati nel processo di integrazione sono Craozia e Macedonia, ha ricordato il Ministro italiano, ma mentre “Zagabria ha compiuto sforzi straordinari nei negoziati di adesione, il caso macedone e’ invece un monito all’Europa a mantenere fede alle proprie promesse”. Seppure la Macedonia gode dello status di candidato ancora dal 2005, Skopje e’ tutt’ora in attesa di una data di apertura dei negoziati di adesione. L’Italia si impegna affinche’ cio’ avvenga quanto prima e ritiene che le questioni bilaterali, quale la disputa tra Skopje e Atene sul nome della Macedonia non debbano interferire con il processo di adesione.

Il nocciolo piu’ duro nella regione e’ senz’altro la Bosnia Erzegovina. In questo Paese cosi’ fragile, la questione della chisura dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante e il passaggio a un ruolo guida dell’Ue restano bloccati dall’ancora insormontabile crisi politica interna, soprattutto in vista delle prossime elezioni politiche nel Paese. “A quindici anni da Dayton il contesto bosniaco continua a registrare fragilita’ nella convivenza interetnica e difficolta’ di sostenibilita’ istituzionale. Nondimeno, proprio nell’attuale contesto di crisi emerge l’esigenza di un’azione decisa dell’UE in Bosnia che consenta di tenere questo paese agganciato ai progressi registrati dagli altri paesi della regione. Occorre agire in raccordo con gli altri partner internazionali coinvolti, in primis Stati Uniti, Russia e Turchia, avendo chiaramente presente che il futuro di questo paese e’ in Europa”, ha sottolineato Franco Frattini.

Sulla linea di una specie di continuazione del Vertice di Zagabria svoltosi dieci anni fa, nel 2000, e’ stato deciso da parte della Presidenza Spagnola e su spinta della stessa Italia, di convocare a termine del mandato a rotazione spagnolo, un vertice politico Ue-Balcani Occidentali a giugno che si terra’ proprio a Sarejevo. Come ribadito dal Ministro degli esteri italiano, questa sara’ l’opportunita’ unica per dare rinnovato impulso al percorso della regione verso la piena adesione all’Ue, secondo un approccio che tenga conto dei meriti di ciascuno dei Paesi.

Proprio in vista di questo prossimo importante appuntamento nella capitale della BiH, attualmente siamo testimoni di un primo tentativo di mettere al tavolo di discussione e scambio di opinioni i paesi Balcanici che dovrebbe essere innanzitutto uno sforzo verso l’indispensabile riconciliazione nella regione che tutt’ora soffre di conseguenze della guerra degli anni novanta. L’idea e’ promossa da un paese membro dell’Ue – la Slovenia e dal paese candidato, considerato il prossimo 28-esimo membro dell’Ue – la Croazia. I due Stati sono impegnati ad organizzare, il prossimo 20 marzo una conferenza regionale a Brdo kod Kranj in Slovenia. L’appunatemento, secondo le informazioni, non ha ancora una conferma definitiva dovuto al problema delle modalita’ di partecipazione, vale a dire al come si risolvera’ il contrasto tra la partecipazione della Serbia e il nuovo Stato indipendente ancora da molti non riconosciuto, il Kosovo. Belgrado non e’ contraria alla partecipazione dei rappresentanti del Kosovo a nome del Kosovo-UNMIK cosi’ come definito dalla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Da Pristina invece, arrivano messaggi che i rappresentanti kosovari vi parteciperanno soltanto in veste di autorita’ del Kosovo indipendente. Il premier sloveno Boruh Pahor ha spiegato che si stanno investendo grandi sforzi affinche’ questa conferenza si potesse realizzare sottolineando l’importanza dell’appuntamento a Brdo per l’intera regione poiche’ servirebbe a rafforzare pace, stabilita’ e prosperita’ nel vicinato sloveno.

Ieri, il premier del Governo di Pristina, Hasim Tachi ha dichiarato di essere pronto a dialogare e stringere la mano al presidente della Serbia Boris Tadic e che il suo Governo non forzera’ i Serbi al nord del Kosovo di integrarsi nella societa’ kosovara. “Non ci sara’ violenza ne’ mosse unilaterali, bensi’ solo dialogo e collaborazione” ha detto Tachi in una intervista alla Reuters aggingendo che “tutto sara’ fatto in cooperazione con la comunta’ internazionale, la NATO e le istituzioni economiche”. Il primo ministro kosovaro ha detto di essere pronto alla lotta contro la corruzione al piu’ alto livello in Kosovo valutando che si tratta di “una malattia ereditata” e che “non ci saranno compromessi nella lotta alla corruzione”.

Per quanto riguarda la situazione economica nella regione, il quotidiano di Belgrado ‘Blic’ scrive nella sua edizione di ieri che “la Croazia giustamente puo’ chiamarsi leader economico dei Balcani Occidentali seppure anche gli economisti croati credono che la Serbia, nel futuro potrebbe diventare il centro economico regionale”. La priorita’ chiave della Croazia rispetto alla Serbia, Macedonia, BiH, Montenegro e Albania – scrive Blic – e’ che il Paese e’ tra i piu’ vicini all’ingresso nell’Ue ed e’ interessante che il confronto delle foze e’ simile a quello di venti anni fa quando questi paesi, con l’eccezione dell’Albania, si trovavano sotto lo stesso cappello.

Aleksandar Miloradovic, rappresentante dell’Agenzia per gli investimenti stranieri e per la promozione dell’esportazione (SIEPA) afferma che nelle condizioni di crisi si e’ dimostrato che la Serbia ha una delle economie piu’ resistenti se non la piu’ resistente nella regione. “Perfino l’economia slovena, che fa parte del sistema europeo, ha subito un maggiore calo del PIL. Inoltre, noi siamo l’unico paese della regione che ha un corso di valuta estera fluttuale, per cui le attuali vicende a lungo termine aumentano la nostra competitivita’. Tuttavia, il leader e’ definitivamente la Croazia anche se noi forse abbiamo una migliore prospettiva” sottolinea Miloradovic. Ljiljana Weissbarth, presidente della societa’ croata “Weissbarth e partner” dice per ‘Blic’ che un vero leader della regione non esiste ma soltanto potenziali candidati: “lo possono essere soltanto Croazia e Serbia, altri paesi secondo il livello di sviluppo e la grandezza dell’economia si trovano evidentemente al di sotto. Il fatto e’ che la Croazia ha un PIL molto piu’ alto, ma le istituzioni finanziarie prevedono per la Serbia un piu’ alto tasso di crescita nel futuro” osserva Weissbarth.

Mladjen Kovacevic, membro dell’Accademia delle scienze economiche serba lamenta che la Serbia in confronto con i paesi vicini venti anni fa aveva una prospettiva molto migliore che pero’ non e’ riuscita a sfruttare. Il concetto di riforme e’ stato completamente sbagliato, afferma questo esperto e agginge che “la troppo veloce apertura verso il mondo nonche’ la liberalizzazione dell’importo sono i difetti chiave delle riforme serbe. Pensavamo di aprirci al piu’ presto ad ogni costo, contando di accellerare cosi’ l’ingresso nell’Ue ma questo ha solo distrutto l’esportazione domestica. Abbiamo le tasse doganali mediamente del 4,5 percento che e’ il livello dei piu’ sviluppati paesi nel modno, per non parlare di paesi vicini. Questo uccide il prodotto nazionale” spiega Mladjen Kovacevic.

L’agricoltura era il principale asso serbo venti anni fa, mentre la Croazia dominava nel turismo. Prima della secessione dell’ex Jugoslavia, la Slovenia era in testa nell’esportazione delle merci e la Croazia invece nell’esportazione dei servizi. L’interessante e’ che la BiH aveva una esportazione significativa sia delle merci che dei servizi. Le diffirenze tra le ex repubbliche diminuirono (con sempre l’eccezione del Kosovo). Il cambiamento cruciale dopo la disgregazione dell’ex Jugoslavia e’ stata la deindustrializzazione delle parti continentali tranne la Slovenia e’ questo e’ la chiave per comprendere la situazione, afferma sempre per ‘Blic’ Vladimir Gligorov, collaboratore dell’Istituto di Vienna per gli studi economici internazionali.

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