Di Marina Szikora [*]
La decisione del Consiglio europeo di
dare via libera al negoziato di adesione con la Serbia ha fatto
tirare un sospiro di sollievo, almeno temporaneo, ai vertici di
Belgrado. Per il premier serbo Ivica Daćić il 28 giugno 2013
rappresenta una svolta della storia moderna serba. Dačić ha
sottolineato che con la decisione di aprire i negoziati sull'adesione
della Serbia all'Ue è stato pagato il biglietto dell'andata verso il
treno di gennaio che porta all'Ue, rigettando al tempo stesso ogni
accusa di aver tradito il Kosovo. Con toni meno euforici si è
espresso però il vicepremier Aleksandar Vučić, per il quale non ci
sono ragioni per grandi festeggiamenti, ma bisogna essere
soddisfatti. Il lavoro non è piccolo e non basterà se non saranno
attuate le riforme e la modernizzazione per garantire una vita
migliore ai cittadini. Vučić ha sottolineato che l'avvio dei
negoziati di gennaio è un esame diplomatico del governo serbo. Ha
ammesso che questo è meno di quanto atteso ed annunciato, ma è di
più rispetto a quello che tutti i governi precedenti avevano fatto
negli ultimi 25 anni. Vučić ha valutato che la decisione dell'Ue è
"un dosaggio farmaceutico" ed è conseguenza di esperienze
negative dell'Europa con i Paesi che hanno aderito senza aver
terminato le riforme interne.
A seguito dell'ingresso della Croazia
nell'Ue, il commissario all'allargamento dell'Ue, Stefan Fuele ha
voluto mandare un messaggio chiaro ai paesi balcanici. In un video
messaggio Fuele ha rilevato che l'adesione della Croazia è una nuova
prova del potere trasformativo della politica di allargamento. E' un
messaggio chiaro che tutti i Paesi della regione hanno una
prospettiva europea a condizione di effettuare le riforme relative
allo stato di diritto, ai principi democratici e alla protezione dei
diritti umani, ha detto Fuele aggiungendo che non ci sono scorciatoie
né formule magiche. "Da oggi, siete tutti un passo più vicini
all'Ue e noi siamo qui ad appoggiarvi", ha concluso Feule il suo
intervento. Lunedì 1 luglio, proveniente da Zagabria, il presidente
del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, si è recato a Belgrado
portando il messaggio che la Serbia ha pieno appoggio sul suo cammino
verso l'Ue, ma deve continuare con gli sforzi per la normalizzazione
delle relazioni con Priština. Van Rompuy ha incoraggiato i vertici
serbi a continuare le riforme soprattutto nel campo dello stato di
diritto e della lotta alla corruzione. Il ritmo dell'avanzamento
dipende dagli sforzi nell'attuazione dell'accordo di Bruxelles e
delle riforme, ha detto il presidente del Consiglio europeo,
annunciando che il prossimo passo del processo di adesione sarà la
conferenza intergovernativa che si svolgerà al più tardi a gennaio.
Secondo il premier serbo pero' e'
estremamente importante che i negoziati inizino subito, sia a livello
tecnico che quello politico: "E' nostra ambizione di farlo
velocemente, in modo efficace e adeguato e che la Serbia non sia
premiata con l'adesione all'Ue bensì ottenga l'accesso perché ne ha
diritto grazie alle riforme interne", ha detto Dačić. Il
premier serbo ha ribadito che la decisione di aprire i negoziati di
adesione rappresenta un evento storico perché non ci sono condizioni
aggiuntive e nuove prove da superare. Dačić ha precisato che le
conclusioni del Consiglio europeo sono state migliorate a favore
della Serbia perché non viene menzionato il termine di dicembre e
una nuova riunione del Consiglio europeo, il che significa che il
negoziato per la Serbia potrà essere aperto anche prima di gennaio.
[*] Il testo è tratto dalla
trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a SudEst andata in onda giovedì 4 luglio a Radio Radicale
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