Centinaia di persone hanno protestato davanti alla sede del giornale e hanno cercato di impedire l'irruzione della polizia. Per disperderli sono intervenuti i reparti antisommossa che, stando alle testimonianze, hanno fatto uso di gas lacrimogeni e idranti per disperdere i manifestanti.
Per mettere sotto controllo il gruppo editoriale Feza, al quale oltre a Zaman fanno capo anche la sua edizione in inglese Zaman Today. l'agenzia di stampa Cihan, il settimanale Acsyon e l'emittente televisiva Samanyolu, l'accusa è quella ormai consueta usata dal regime – ormai possiamo definirlo così – del presidente RecepTayyip Erdogan per mettere a tacere le voci critiche: “propaganda terroristica”.
Questa volta non a favore dei guerriglieri curdi, ma del presunto stato parallelo che sarebbe stato creato dal magnate e predicatore sunnita Fetullah Gulen, ex alleato e sostenitore di Erdogan, poi diventato suo acerrimo nemico.
Il leader del Chp, il principale partito di opposizione, Kemal Kilicdaroglu, ha denunciato l'azione della magistratura definendola un colpo alla libertà di espressione. Condanne sono arrivate anche dall'estero: il commissario europeo all'Allargamento Johannes Hahn ha detto di essere estremamente preoccupato per quanto accaduto. Il Dipartimento di Stato americano ha definito inquietanti le azioni giudiziarie per mettere a tacere gli organi di informazione sgraditi al al potere ricordando che la Turchia è candidata all'adesione all'Unione europea e deve rispettare la libertà di stampa. "I diritti fondamentali non sono negoziabili”.
A Zaman è successo quello che era già accaduto per il gruppo editoriale Ipker che era stato commissariato alla vigilia delle elezioni dello scorso novembre sempre per il suo legame con l'organizzazione che fa capo alla al predicatore e magnate Fetullah Gulen. “Oggi è un giorno di vergogna per la libertà dei media in Turchia. La Costituzione è stata sospesa”, ha detto tra l'altro la direttrice della versione online di Zaman, Sevgi Akarcesme, che ha parlato ai giornalisti della stampa internazionale davanti alla sede del giornale. Ricordiamo che la Costituzione turca vieta il sequestro di tipografie e delle attrezzature necessarie alla stampa dei giornali.
Una petizione su internet è stata lanciata da Index on Censorship che chiede al tribunale di Istanbul di rivedere la decisione e al presidente Erdogan di mettere fine alla repressione degli organi di informazione. “Le autorità turche - si legge tra l'altro nella petizione - hanno confermato di non rispettare più la libertà dei media che è la base di ogni società democratica. Noi sottoscritti chiediamo al tribunale di rivedere la sua decisione di porre sotto sequestro Zaman e chiediamo alla comunità internazionale di prendere posizione contro i ripetuti tentativi della Turchia di soffocare i media liberi e indipendenti “. La petizione è stata lanciata sulla piattaforma Change.org.
Non sfugge una coincidenza tra la decisione di commissariare Zaman e l'allontanamento forzato dei dei giornalisti e degli amministratori e il vertice di lunedì 7 marzo a Bruxelles tra il Governo turco. L'Unione Europea da molto tempo chiude gli occhi di fronte alle violazioni alla libertà di stampa e di espressione in Turchia vista la potente arma di ricatto che Erdogan ha in mano. Bruxelles ha stanziato tre miliardi per a sostenere la Turchia nell'accoglienza dei profughi che arrivano dalla Siria e delle altre zone di conflitto del Medio Oriente ed evitare che arrivino sulle coste europee. Ormai sono centinaia di migliaia in territorio turco e, purtroppo, nulla fa pensare che l'atteggiamento europeo possa cambiare molto presto vista la debolezza e le divisioni tra i 28 su come affrontare e gestire la crisi dei profughi.
Post aggiornato il 11/03/2016
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